(Adnkronos) – Con l’inizio dell’autunno e l’arrivo delle prime piogge, parte la stagione della raccolta dei funghi. E con essa le segnalazioni di intossicazioni, da parte delle Asl, da Sud a Nord in tutta Italia: 9 casi a Catania lo scorso fine settimana, causate dal Chlorophyllum molybdites, la cosiddetta ‘falsa mazza di tamburo’, mentre numeri già importanti si registrano al Centro antiveleni Maugeri di Pavia, per citarne alcuni. Non a caso, nel trimestre settembre-ottobre-novembre si verifica il 90% dei casi di intossicazione da funghi, che portano in pronto soccorso circa 10mila italiani l’anno, tra casi lievi e più gravi, con sintomi che vanno da problemi gastrointestinali a complicanze neurologiche, fino alla morte. Quali precauzioni adottare per scongiurare rischi? E quali i sintomi ‘spia’ di un’intossicazione?
La prima regola da adottare in caso di dubbio sulle varietà raccolte è separare i funghi sospetti da quelli commestibili, in modo che le spore dei primi non contaminino anche gli altri funghi. Molte specie ‘buone’, purtroppo, hanno dei sosia ‘cattivi’ che possono confondere il raccoglitore non troppo esperto. E ancora: non raccogliere mai i funghi quando sono troppo piccoli o ancora chiusi. Oltre che vietato dalla legge, è il modo migliore per incappare in specie non commestibili. In ogni caso, i funghi devono essere sottoposti a una cottura di almeno 30-45 minuti che nella maggior parte dei casi neutralizza buona parte delle tossine. Ma per essere sempre certi di quel che si porta a casa, la regola d’oro è quella di far controllare i funghi dagli ispettori del Servizio di riconoscimento micrologico attivi nell Asl italiane: il servizio è gratuito e un elenco esaustivo degli ispettorati è disponibile nel sito del ministero della Salute.
Dunque, massima attenzione alle specie mortali: l’amanita falloide, ad esempio, contiene una potente sostanza in grado di danneggiare in modo irreversibile fegato e reni; nelle situazioni più gravi l’unica possibilità di sopravvivenza è legata al trapianto di fegato. Questo fungo è particolarmente insidioso perché può essere facilmente scambiato per altri funghi non tossici. Cuocerlo non riduce la pericolosità: le tossine epato-tossiche dell’amanita phalloides resistono infatti alle alte temperature, e quindi la cottura non protegge dall’intossicazione. Solo un micologo è in grado di distinguere le diverse specie, e spesso solo attraverso analisi sofisticate.
Ma come si manifesta l’intossicazione da funghi? Nella quasi totalità dei casi i primi sintomi sono gastroenterici come nausea, vomito, dolori addominali, diarrea profusa, tachicardia, confusione e allucinazioni. L’intervallo di tempo tra ingestione e comparsa dei sintomi è variabile e dipende dalla specie; tempi superiori alle 6-8 ore sono particolarmente sospetti e allarmanti. Nei casi più gravi, possono verificarsi danni agli organi vitali come il fegato e il rene, mettendo a rischio la vita.
In caso di intossicazione è opportuno chiamare il Centro antiveleni, riferire nei dettagli cosa è accaduto e seguire accuratamente le indicazioni che vengono date. Anche bambini e donne in gravidanza possono consumare funghi, purché vengano adottate tutte le precauzioni igieniche comuni alla maggior parte degli alimenti. Considerata la scarsa digeribilità – consigliano gli esperti – è buona norma non eccedere sia in quantità che in frequenza.