(Adnkronos) – In medicina le parole possono essere un farmaco che cura o un bisturi affilato che lascia un segno nel cuore. E i camici bianchi, di fronte a un paziente già sofferente per la difficile convivenza con i chili di troppo, devono scegliere bene quali usare. Il pediatra Italo Farnetani dichiara guerra alle parole “obeso e grasso”. E lancia un appello ai colleghi: “Cancellate quei due termini dal dizionario del colloquio medico-paziente. Meglio usare, come dimostrano tutte le ricerche condotte da vent’anni a oggi, parole neutre. Pertanto parlare di peso, eventualmente aggiungendo peso non salutare, o peso non appropriato rispetto alla statura”, suggerisce.
Del tema del rapporto fra lingua italiana e medicina il professore ordinario di Pediatria dell’università Ludes-United Campus of Malta ha parlato in occasione del Convegno nazionale degli ufficiali medici e del personale sanitario della Croce rossa italiana, in corso a Siracusa in questi giorni. Farnetani ha presentato, spiega all’Adnkronos Salute, “uno studio condotto sul linguaggio da adottare con i pazienti, in particolare bambini adolescenti, in sovrappeso o obesità. Ricerche condotte in tutto il mondo fin dal 2003 e confermate da un lavoro del gruppo di studio sull’obesità della Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica, che ha coinvolto 17 centri italiani di endocrinologia pediatrica e visto la collaborazione di 10 pediatri di famiglia di Napoli, ha confermato anche in Italia la necessità di modulare le parole con cui ci si rivolge a questi pazienti”.
La ricerca, continua il pediatra, “ribadisce l’importanza del colloquio tra medico e paziente”. L’esperto fa notare come i termini di obeso o grasso “determinano la comparsa di un senso di colpa da parte del paziente e sono ricchi di un valore semantico negativo che evoca non solo frustrazione ma talvolta richiama anche atti di bullismo, di derisione. Il tutto si trasforma nell’idea, da parte dell’adolescente, che la causa di tutti i suoi disagi sia proprio l’obesità. Ecco perché – conclude – ho sottolineato come scegliere bene le parole non sia un’operazione” ‘cosmetica’ “finalizzata a ricercare la ‘bella lingua’, ma piuttosto uno strumento per ottenere una maggior collaborazione da parte del paziente e anche una maggior risposta terapeutica”.