(Adnkronos) – “Sto meglio. Giovedì farò un piccolo intervento all’occhio con il laser perché c’è una lieve infiammazione della retina. Una situazione comprensibile considerato che ho avuto lo scoppio del bulbo e tre interventi, di altissima qualità, in tre giorni. Ringrazio i colleghi per come si sono presi cura di me”. Francesco Le Foche – noto immunologo romano aggredito nel suo studio e finito in rianimazione lo scorso 6 ottobre per le percosse di un suo paziente con diagnosi psichiatrica – racconta all’Adnkronos Salute la sua ripresa e la voglia di tornare ad occuparsi dei suoi assistiti. In pensione da ottobre al Policlinico Umberto I di Roma, spiega, tornerà in reparto da volontario non remunerato “per i casi particolari in cui posso essere d’aiuto. Per un medico i suoi pazienti restano sempre una priorità”.
Sul piano fisico fortunatamente Le Foche non ha subito danni fortemente invalidanti, seppure c’è ancora qualcosa da tenere sotto controllo. “La vista tutto sommato va bene – continua – dovrò mettere un cristallino nuovo ma ho recuperato moltissimo. Il grosso rischio era quello di perdere l’occhio, per fortuna al Policlinico Umberto I, la sinergia dell’area universitaria e quella ospedaliera crea una ‘potenza’ culturale che riesce ad avere risultati straordinari sul piano clinico”.
L’aggressione “che ho subito è stata una commedia dell’assurdo. Non voglio più pensarci. Non ho avuto nemmeno il tempo di avere paura perché dopo il pugno che ho ricevuto sull’occhio ho perso i sensi e mi sono risvegliato in rianimazione. Ma l’abbiamo superata. Il medico deve superare il momento di crisi. Lo deve fare per i pazienti. Ho sperimentato già due volte l’allontanamento dai miei assistiti, uno per un incidente stradale nel 2015 e l’altro adesso. E quello che più mi ha pesato è stato sottrarre tempo alle persone che stanno male. Tratto patologie serie e allontanarmi dai pazienti mi pesa”, afferma.
E “colpire un medico, toglierlo al proprio lavoro – sottolinea l’immunologo – significa fare un danno al paziente. Il medico è un baluardo di salute pubblica e deve, quindi, essere necessariamente tutelato. Per questo serve un cambio di cultura, si deve acquisire a livello profondo l’idea che il medico fa questo lavoro per aiutare il malato e per questo aggredirlo, allontanarlo dalla sua attività, danneggia tutti. Bisognerebbe inserire nelle lezioni di educazione civica a scuola questa idea di tutela dei professionisti della salute”, dice lanciando la proposta attraverso Adnkronos Salute.
“Il mio caso è stato eclatante ma eccezionale, trattandosi di un’aggressione da parte di un paziente psichiatrico. Ciò che invece può succedere tutti i giorni sono le violenze nei Pronto soccorso, negli ambulatori dei medici di famiglia, nelle postazioni di guardia medica”-Contro tutto questo “deve cambiare soprattutto la visione culturale. E’ importante fare in modo che sia chiaro a tutti che il camice bianco è là per aiutare e che proteggerlo è fondamentale”.
Serve, perciò, “un lavoro generale per diffondere una visione diversa”. E in presenza dell’emergenza che stiamo vivendo in fatto di violenza sugli operatori sanitari “si deve lavorare sulle nuove generazioni, con campagne nelle scuole, già alle elementari e, in seguito, nell’ambito dell’educazione civica, perché la figura del medico riacquisti il suo valore sociale di ‘difensore’ della salute pubblica”, conclude Le Foche.