(Adnkronos) – “Il Long Covid è la pandemia ombra”. Una condizione “invisibile e trascurata, che colpisce circa il 10-20% delle persone che contraggono il Covid”. I piani di trattamento ‘One-size-fits-all’, cioè una singola strategia unica per tutti i pazienti, “non funzionano per una malattia così complessa”, che conta oltre 200 sintomi segnalati. E’ il monito lanciato via social dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’Europa, che – nel giorno scelto dai pazienti di tutto il mondo per promuovere la Giornata internazionale di sensibilizzazione sul Long Covid – spiega come un gruppo di ricercatori del Belgio stia contribuendo a spianare la strada a percorsi più su misura per le esigenze diverse dei pazienti. Gli esperti hanno sviluppato delle linee guida utili per il personale sanitario e stanno sperimentando un percorso per aiutare i pazienti a ricevere le cure giuste. Pazienti come Hilde, 47 anni, che racconta la sua lenta rinascita.
Il team belga sta provando a confrontarsi con una domanda: qual è il modo migliore per affrontare una patologia nuova e difficile come il Long Covid? Aspettano una risposta tantissime persone. In tutta la regione europea dell’Oms, si stima che 17 milioni di persone abbiano vissuto con gli effetti a lungo termine del Covid nel 2020-2021. “Anche ora, mentre il peggio della pandemia potrebbe essere passato, il rischio di sviluppare sequele dopo l’infezione rimane altrettanto forte”, avverte l’Ufficio regionale dell’Oms. Cercando di trovare una soluzione all’enigma Long Covid, i ricercatori della Ku (Katholieke Universiteit) Leuven, hanno lavorato per sviluppare linee guida basate sull’evidenza per aiutare gli operatori sanitari.
Lanciate nel novembre 2022, indirizzano i medici generici, i fisioterapisti, i terapisti occupazionali, gli psicologi e i dietisti su come prendersi cura al meglio dei pazienti che convivono con i sintomi. Nel documento ci sono suggerimenti per una diagnosi approfondita e passaggi pratici per gestire sia i sintomi fisici che gli impatti mentali della malattia. Un esempio concreto? “La nostra ricerca ha dimostrato che praticare l’esercizio fisico nelle prime fasi dei trattamenti è una parte cruciale del processo di riabilitazione, sia per aiutare a ricostruire la resistenza sia per agire come antidepressivo. Ottenere il giusto equilibrio, quindi essere in grado di prescrivere un livello benefico di esercizio fisico senza timore di ricadute, è una delle cose utili che le nostre linee guida possono fare”, evidenzia Jan Verbakel del Centro accademico di medicina generale, Ku Leuven. (segue)
Altre raccomandazioni collaudate incluse nelle linee guida aiutano i pazienti ad aiutare se stessi nel proprio recupero, ad esempio, autogestendo i sintomi, utilizzando tecniche di respirazione e risparmio energetico. L’intenzione è di aggiornare le linee guida man mano che la conoscenza si sviluppa sulla condizione post Covid-19 e sui modi per trattarla.
Nel luglio 2022, in Belgio è stato lanciato un percorso assistenziale a doppio binario per i pazienti che manifestano sintomi 12 settimane o più dopo la diagnosi di Covid. I pazienti possono essere indirizzati al percorso tramite i propri medici di base o tramite specialisti nel caso di ricoverati, e possono beneficiare del rimborso delle spese di cura attraverso il sistema di assicurazione sanitaria nazionale obbligatoria del Paese. Dopo questo passaggio, i pazienti vengono assegnati a un percorso monodisciplinare (dove vedono solo uno specialista) o a un percorso multidisciplinare (dove vedono una serie di specialisti), a seconda della complessità e della gravità dei sintomi. Attraverso l’approccio multidisciplinare, viene assegnato un coordinatore dell’assistenza (solitamente il medico di base o un infermiere delegato all’interno del centro sanitario) che organizza un incontro di équipe con tutti gli specialisti necessari e il paziente. Insieme concordano una serie di obiettivi di salute. Queste riunioni congiunte vengono riconvocate da due a tre volte ogni 6 mesi per esaminare i progressi del paziente.
“La perdita di memoria a breve termine, la nebbia del cervello e la stanchezza sono comuni tra molti dei pazienti che vedo”, testimonia la terapista occupazionale Tinneke Claes. Lei stessa, dopo aver contratto il Covid nel marzo 2020, ha continuato a sperimentare sintomi di Long Covid. Ha iniziato a vedere i suoi primi pazienti indirizzati attraverso il percorso nel settembre 2022, e oggi descrive alcune delle strategie pratiche che insegna per aiutarli.
“Parlo loro di tecniche per ridurre gli impatti di questi e per aiutare a prevenire lo stress e la frustrazione che possono derivarne – racconta la terapista – Cose semplici, come avere dei posti precisi dove mettere le chiavi, per esempio; verbalizzare ripetutamente il compito successivo da svolgere; impostare avvisi sul cellulare; creare un programma per la giornata; e attenersi a una routine gestibile”, continua Claes. Strategie, assicura, “che possono fare davvero la differenza”. Il progetto pilota del percorso assistenziale belga durerà fino a luglio 2023, momento in cui sarà rivalutato. Sebbene sia ancora presto per trarre conclusioni definitive, la differenza che sta facendo per alcuni pazienti è incoraggiante, spiega l’Oms Europa.
Nella testimonianza della paziente Hilde emerge con chiarezza. Hilde ha avuto il Covid nel marzo 2022 e soffriva ancora dei sintomi quando ha ricevuto la conferma ospedaliera di essere finita nella morsa del Long Covid. Era giugno. “Rimanevo senza fiato – ricorda – e avevo dolori al petto ogni volta che facevo il minimo sforzo per qualsiasi cosa. Cercare di fare esercizio mi portava a sentirmi stordita. Mi facevano male tutti i muscoli e faticavo a concentrarmi e a ricordare le cose”. La combinazione di questi sintomi ha reso impossibile per Hilde lavorare, fare le faccende domestiche o anche stare in compagnia di altri per più di 20 minuti, perché le sue difficoltà cognitive la lasciavano esausta.
E’ stata dunque indirizzata al percorso assistenziale multidisciplinare e vista per la prima volta ad agosto, seguita da un fisioterapista. Quasi 6 mesi dopo, riscontra un “netto miglioramento”. “Posso svolgere di nuovo le mie attività domestiche, ma ‘dosate’ e a un ritmo più lento, e alternando riposo e attività mentali – precisa – La mia attenzione e la mia concentrazione non sono ancora quelle di prima, ma almeno ora posso stare in compagnia di altri per più di un’ora perché ho imparato a rilevare i segni della stanchezza e a indicare i confini, e ho delle strategie per affrontare la folla. Il mio processo di riabilitazione è ancora in corso e si concentrerà sull’ulteriore sviluppo di attività domestiche e sociali e sul ritorno al lavoro nel prossimo futuro”. E’ “molto d’aiuto essere circondati da così tante cure e input da diverse discipline”, conclude.