(Adnkronos) – Una diagnosi di maculopatia comporta reazioni diverse, dall’incredulità allo sconforto, fino alla rabbia. Con l’obiettivo di fornire alcuni suggerimenti per affrontare la situazione e gestire questi sentimenti, ma anche per aiutare il familiare o caregiver ad essere realmente di aiuto e supporto al proprio caro, è stato realizzato l’evento virtuale ‘Salvare la vista si può – L’esperto risponde’, promosso da Bayer sulla pagina Facebook di #SalvareLaVistaSiPuò. Giunto alla sua seconda edizione, l’evento si inserisce nell’omonimo progetto, dedicato alle persone con maculopatia ed ai loro caregiver, per fare chiarezza sulle diverse tematiche legate a queste patologie, dalla diagnosi ai trattamenti e alla loro gestione.
Tra le maculopatie – ricorda una nota – la degenerazione maculare legata all’età (Dmle) è la prima causa di perdita della vista nei Paesi industrializzati a livello globale. In Italia si calcola che più di 500mila persone ne siano affette e ogni anno si registrano circa 50mila nuovi casi. Il trattamento delle maculopatie è sensibilmente migliorato negli ultimi anni, con l’introduzione dei farmaci anti-Vegf (somministrati tramite iniezioni intravitreali), che si sono dimostrati efficaci nello stabilizzare o perfino migliorare l’acuità visiva, oltre che la qualità di vita dei pazienti. Ma un elemento fondamentale per il successo della terapia è il coinvolgimento del paziente stesso nel proprio percorso di cura e nella conoscenza degli strumenti necessari per affrontarlo.
“In caso di maculopatia – afferma Alessandra Capovani, psicologa psicoterapeuta presso il Centro di riabilitazione visiva della Fondazione Chiossone di Genova – oltre ad affrontare la compromissione della vista è importante considerare il benessere psicologico del paziente. Un’ipovisione progressiva comporta, infatti, un pesante disagio emozionale; la sensazione di perdere il controllo sulla propria vita, un abbassamento del livello di autostima, la perdita dell’autonomia o comunque la necessità di dipendere dagli altri, l’accentuarsi di sentimenti di isolamento e di solitudine e un disadattamento che può indurre depressione. Non bisogna trascurare – aggiunge – il valore che assume lo stare vicino alle persone con maculopatia. E’ importante non lasciarle sole, perché il supporto empatico, oltre alle terapie mediche, può fare la differenza. Per tale ragione il ruolo del caregiver diventa fondamentale come anche il suo benessere psicologico”.
Tra gli argomenti sollevati dal pubblico emergono: mantenere un’autonomia nella vita quotidiana; difficoltà nel chiedere aiuto; fiducia nel proprio medico e nei progressi della medicina, e quindi l’importanza di seguire il percorso terapeutico prescritto. “Da questi segnali – osserva Guendalina Graffigna, professore ordinario di Psicologia dei consumi e della salute, direttore di EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Engagement Research Center, Università Cattolica del Sacro Cuore – si capisce come una persona colpita da maculopatia abbia la tendenza a rinchiudersi in se stessa. In questi casi il rischio è che questo isolamento induca il paziente a rivolgersi a mezzi come la Rete per avere risposte ai propri dubbi”, esponendosi al rischio di fake news. “Occorre dare spazio – aggiunge la docente – a notizie affidabili attraverso metodi accattivanti come quelli propri dei social media, per contribuire, con la giusta informazione, ad avere una maggior consapevolezza sull’argomento”.
Chi soffre di maculopatia “sperimenta spesso, nella sua quotidianità, solitudine e isolamento – evidenzia Massimo Ligustro, presidente di Comitato macula – La possibilità di potersi confrontare, sia pur virtualmente, con persone che hanno lo stesso problema ed esperti che possono dare, in tempo reale, una risposta ai propri quesiti infonde una sensazione di maggior sicurezza e fiducia in se stessi, e questo facilita il percorso verso una maggiore autonomia e indipendenza”.
Sapere di doversi sottoporre a un trattamento continuativo per tutta la propria vita “può spaventare il paziente – sottolinea Massimo Nicolò, responsabile del Centro retina medica e maculopatie della Clinica oculistica presso l’ospedale Policlinico San Martino di Genova – Questo aspetto, unito alla mancanza di autonomia nel recarsi alle visite, può portare a una riduzione della compliance terapeutica, con conseguente peggioramento della malattia. Questo significa che il paziente non deve essere lasciato solo. Quando si inizia un percorso diagnostico e terapeutico, il medico se ne deve fare carico per un tempo, per così dire, illimitato”.
Lanciata nel marzo 2020, la campagna #salvarelavistasipuò conta 5.737 persone registrate sul portale dedicato (salvarelavistasipuo.paginemediche.it/), mentre 54.986 sono gli utenti della pagina Facebook. Attraverso la piattaforma di paginemediche.it, nata per facilitare la relazione medico-paziente, è stata creata la pagina https://salvarelavistasipuo.paginemediche.it, che offre contenuti multimediali e strumenti interattivi utili nel percorso di comprensione della patologia e nella gestione del piano terapeutico.
“Le soluzioni web applicate alla comunicazione nell’ambito healthcare – dichiara Monica Zurria, Medical Lead Ophthalmology di Bayer – hanno notevolmente favorito la diffusione delle informazioni e delle conoscenze, migliorando la consapevolezza del paziente e facilitando il rapporto medico-paziente. Un’ipovisione progressiva comporta un pesante disagio emozionale per il paziente. Bayer è da sempre attenta alle necessità dei pazienti; per questo, oltre a proporre soluzioni terapeutiche sempre più innovative ed efficaci, dimostra particolare attenzione ad aspetti che ruotano attorno alla patologia e che sono altrettanto importanti per il benessere della persona, incluso l’equilibrio psicologico. Questo progetto – conclude – si inserisce, dunque, in un ambito multidisciplinare, finalizzato a creare un percorso riabilitativo per il paziente”.