(Adnkronos) – “L’intelligenza artificiale (Ia) ha bisogno di grandi quantità di dati per poter essere addestrata adeguatamente. La principale sfida è nella disponibilità e nella qualità dei dati di cui disporre per poter sviluppare questo genere di sistemi. Nell’ambito della gestione delle malattie rare, l’Ia può fornire diverse potenzialità in quanto capace di elaborare grandi quantità di dati e di trovare schemi, pattern e modelli che, per un essere umano, sarebbe quasi impossibile identificare. Pertanto, è in grado di suggerire nuove terapie o anche di supportare i medici nella loro diagnosi e nelle loro decisioni”. Così Federico Cabitza, professore di Interazione uomo – macchina e supporto decisionale all’università di Milano-Bicocca, nel suo intervento al primo di una serie di incontri ‘Sobi Talk’, che si è svolto ieri a Milano.
“L’intelligenza artificiale generativa – spiega Cabitza – potrebbe essere applicata per generare referti da validare poi da parte del clinico, per semplificare e migliorare” il suo lavoro, “recuperare informazioni da un caso clinico, simulare casi medici per la formazione, creare chatbot di primo accesso per il triage o chatbot per supporto ai pazienti cronici. L’intelligenza artificiale predittiva – aggiunge – può essere applicata invece nella diagnosi precoce, nella diagnosi aumentata, per la stima del rischio di complicanza e di eventi avversi e dell’appropriatezza di trattamento, il miglioramento di immagini a bassa risoluzione – riducendo le tempistiche per la risonanza magnetica o l’esposizione alla Tac – oltre che per lo sviluppo farmaci”.
“Le malattie rare – ricorda Cabitza – per definizione, riguardano relativamente pochi casi e questo pone una sfida per quanto riguarda la completezza, l’accuratezza e la consistenza dei dati disponibili. Dobbiamo – continua – porci la questione della privacy, quindi la sfida della confidenzialità e del rispetto dei diritti fondamentali, tra cui quello di non discriminare e di fornire un supporto equo per tutti”. Infine, “l’intelligenza artificiale può essere uno strumento molto potente anche per quanto riguarda la capacità di personalizzare il trattamento, ovvero stimare la probabilità che un paziente possa trovare reale giovamento da un determinato percorso terapeutico o assistenziale. In qualche modo – conclude – l’Ai potrebbe essere d’aiuto nella selezione del miglior trattamento possibile”.