(Adnkronos) – “Le linee guida della Società italiana di ematologia (Sie) indicano chiaramente quali sono gli esami di laboratorio da effettuare in caso di sospetto” di porpora trombotica trombocitopenica (Ttp), e quando “procedere con la conferma diagnostica attraverso il dosaggio dell’attività dell’enzima Adamts13 e il riscontro degli anticorpi anti- Adamts13. Purtroppo, la possibilità di eseguire il test è limitata a pochissimi centri in Italia e ciò rappresenta un problema da superare”. Così Luana Fianchi, Uoc Ematologia geriatrica ed Emopatie rare del policlinico Agostino Gemelli di Roma, intervenendo al convegno sulla patologia dal titolo ‘Le istanze dei pazienti nell’ambito della Giornata nazionale dell’aTtp’, che si è tenuto questa mattina a Roma presso il MoMeC in modalità phygital, promosso dall’Associazione nazionale porpora trombotica trombocitopenica onlus (Anptt) in partnership con Sanofi e in collaborazione con Osservatorio malattie rare.
Il principale motivo della carenza di centri che effettuano il test Adamts13, hanno evidenziato gli esperti all’incontro, è che questo esame non è ancora nell’elenco delle prestazioni coperte dai Livelli essenziali di assistenza (Lea). Attualmente, “il 40% dei pazienti fa il test fuori regione ed è costretto a spostarsi ogni 4 o 6 mesi percorrendo mediamente 700 km per recarsi alle visite di controllo. Lunghissimi i tempi di attesa del referto: mediamente 26 giorni, fino a 41 giorni se fatto fuori regione”, evidenzia un’indagine realizzata da Iqvia per Sanofi in collaborazione con Anptt e presentata al convegno.
“Nella porpora trombotica trombocitopenica i trombi si formano soprattutto nella piccola circolazione, ad esempio nel cervello, provocando talora sintomi lievi aspecifici come cefalea o, a volte, sintomi più importanti come alterazione dello stato di coscienza, perdita delle funzioni sensoriali e di movimento, fino alle convulsioni e al coma – dichiara Fianchi – Quanti lavorano in pronto soccorso o in medicina di urgenza, che sono i luoghi dove più spesso arriva il paziente che non ha una diagnosi, dovrebbero conoscere la patologia così da farsi venire il sospetto e quindi suggerire gli esami di accertamento che permettano al paziente di ricevere quanto prima una diagnosi”. Le linee guida Sie indicano che “laddove ci sia anemia, riduzione delle piastrine e il riscontro di schistociti – aggiunge – bisognerebbe procedere con la conferma diagnostica attraverso il dosaggio dell’attività dell’enzima Adamts13, ridotta al di sotto del 10% in caso di malattia, e il riscontro degli anticorpi anti-Adamts13”.
A proposito delle linee guida della Sie, approvate nel marzo 2021 – e comprese nel Sistema nazionale linee guida (Snlg), unico punto di accesso di linee guida per operatori del Ssn e realizzate con standard metodologici rigorosi e approvati, caratterizzate da valore medico legale secondo la legge Bianco-Gelli – al convegno è intervenuto Emanuele Angelucci, vicepresidente della Sie e direttore Uo Ematologia e Terapie cellulari, Irccs Ospedale policlinico San Martino di Genova, che ha spiegato come l’approvazione della prima terapia specifica per le forme acquisite ha reso necessario un aggiornamento delle raccomandazioni diagnostico-terapeutiche.
“Per tantissimo tempo – dice Angelucci – è stato possibile trattare queste persone in urgenza solo con plasmaferesi in associazione alla terapia immunosoppressiva utilizzata con la legge 648/1996. Con l’arrivo due anni fa di una terapia mirata per la porpora trombotica trombocitopenica acquisita, un anticorpo che inibisce il legame tra le piastrine e il fattore di Von Willebrand, è stato necessario definire le linee guida, aggiungendo anche la possibilità di questa terapia, che però è vincolata al fatto di riuscire ad avere i risultati del dosaggio di Adamts13 entro 72 ore, cosa che purtroppo è possibile per ora solo in pochi centri: scaduto questo tempo senza che arrivi conferma della diagnosi, il farmaco deve essere sospeso. Se invece c’è la conferma, questo anticorpo sarà somministrato giornalmente per tutta la durata della plasmaferesi e anche nei 30 giorni successivi, e questo consente di ridurre il rischio di danno d’organo”.
Il test Adamts13, concordano gli esperti, è fondamentale non solo in fase di diagnosi, ma anche di monitoraggio, con una certa regolarità, come evidenziano le linee guida del 2021. Invece, la diffusione di questo test in Italia è a macchia di leopardo, solo in 33 centri, e costringe le persone e i loro caregiver a una mobilità sanitaria di cui farebbero certamente a meno, visto che grava sulle loro tasche oltre che sulla qualità di vita. Un paziente su cinque “è seguito da un centro fuori regione ed è costretto a spostarsi ogni 4 o 6 mesi percorrendo mediamente 700 km per recarsi alle visite di controllo (la metà di loro anche più di 1.000 km) e il 40% fa il test fuori regione”, dice Isabella Cecchini, senior principal head of primary Market Research, Iqvia Italia presentando, all’evento odierno, l’indagine a cui hanno partecipato 74 persone con aTtp che hanno una storia di episodi acuti distribuiti in tutta Italia.
“Il 49% delle persone intervistate – continua – ha avuto più episodi acuti nel corso della vita, il 70% ha avuto una ricaduta entro due anni (31% entro i primi 12 mesi) dal primo episodio. Il 91% ha effettuato il Test Adamts13 almeno una volta – aggiunge – ma il 20% lo ha eseguito solo in occasione di episodi acuti e non come strumento per il monitoraggio. Lunghi i tempi di attesa del referto del test: mediamente 26 giorni, fino a 41 giorni se fatto fuori regione. Inoltre, alcuni pazienti riportano di aver sostenuto non solo il costo del test, ma anche quelli relativi alla spedizione dei campioni (spendendo fino a 250 euro). La maggior parte dei pazienti (78%) riferisce che la paura delle ricadute li accompagna costantemente e la preoccupazione è ancora maggiore in chi non viene monitorato regolarmente con il test Adamts13. Il 50% dei pazienti chiede una presa in carico integrata e più vicina a casa”.
Per favorire l’accesso al test, “all’inizio dell’anno – racconta Massimo Chiaramonte, presidente dell’associazione Anptt Onlus – abbiamo presentato la richiesta ufficiale di inserimento del test Adamts13 nei Lea. Non è dato sapere quale sia l’esito dell’esame svolto dalla Commissione Lea. Ci auguriamo che il parere intanto sia stato favorevole, ma siamo anche consapevoli che per ora l’aggiornamento, e la stessa entrata in vigore dei Lea del 2017, è bloccata a causa di un mancato accordo tra Governo e Regioni. Questo vuol dire che, anche a fronte di un auspicabile parere favorevole che, viste le evidenze portate speriamo di avere – sottolinea – le persone con aTtp dovranno aspettare ancora chissà quanto per veder riconosciuto il diritto a fare un test salvavita alle stesse condizioni in tutte le regioni. Dovremo continuare a viaggiare, a trasferirci addirittura, o a rinunciare alle cure se questo non è sostenibile. E ciò non è accettabile, per questo auspichiamo che le istituzioni possano aiutarci a trovare il prima possibile una soluzione che ci garantisce di raggiungere il livello ottimale delle cure e quindi migliorare la nostra qualità di vita, liberandoci almeno in parte dalla paura costante che ci accompagna”.
A tale proposito, nel suo intervento, l’onorevole Fabiola Bologna, segretario Commissione XII Affari sociali e sanità della Camera, propone, in attesa dei decreti attuativi per il riconoscimento del test nei Lea, di attivare una soluzione ponte e, come per i farmaci innovativi, attivare “una via preferenziale anche per i test di nuova generazione. Questa potrebbe essere una proposta da fare al ministero della Salute – continua l’onorevole – che se ci aiuta con i decreti attuativi sulla nuova legge sulle malattie rare. Potremmo trovare il modo di applicare questa possibilità a tutte le regioni perché intanto possano utilizzare questo test”.
Due i punti sottolineati, in chiusura del convegno, da Fulvia Filippini, director, country Public affairs head, pharma & vaccines & Europe Gen med Public affairs head, Sanofi. Il primo riguarda “la necessità di una uniformità nell’accesso al test a livello nazionale”, l’altro “elemento chiave è la fondamentale e forte collaborazione e integrazione tra pronto soccorso ed ematologia. È chiaro – aggiunge – l’impegno della politica e delle istituzioni nei confronti di questa patologia. Ci auguriamo, anche con questo dibattito, di essere più vicini ai pazienti con questa patologia”.