(Adnkronos) – “La neuromielite ottica è una malattia grave, molto seria, che colpisce soprattutto i nervi ottici e il midollo spinale, portando ad essere completamente immobili e ciechi. Una patologia in cui è necessaria una tolleranza zero nei confronti delle ricadute, perché ogni nuova ricaduta può compromettere definitivamente il quadro clinico del paziente. Abbiamo dei farmaci storici che riducono le ricadute di circa il 60%, ora con questa nuova molecola (inebilizumab, ndr) possiamo ridurre le ricadute del 90-95%”. Così Massimo Filippi, direttore dell’Unità di Neurologia, del Servizio di Neurofisiologia e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, nel suo intervento al convegno nazionale ‘Change Direction in Nmosd’, dedicato al disturbo dello spettro della neuromielite ottica e alle nuove terapie, oggi e domani a Roma all’Hotel Villa Pamphili.
Al momento “abbiamo dei pazienti storici che hanno un quadro clinico in cui l’esigenza principale è il supporto ad una qualità di vita ormai compromessa – spiega Filippi – L’altro bisogno clinico parte dai farmaci che abbiamo a disposizione. Al momento abbiamo la possibilità di trattare un paziente in più su 3, passando dal 60 al 90% di efficacia. Purtroppo questi farmaci sono tutti prescrivibili unicamente in seconda linea. Abbiamo moltissimi dati che ci dicono che prima cominciamo il trattamento più efficace, prima arrestiamo la degenerazione della malattia. Succede anche nella sclerosi multipla”. Tuttavia, “il paradosso – rimarca il neurologo – è che al momento dobbiamo dire ai pazienti che prima di accedere al farmaco più efficace devono aspettare che il primo farmaco, che comunque ha un costo, fallisca e li porti ad avere un secondo evento avverso, che potrebbe essere quello fatale, e che comprometterebbe completamente le loro facoltà. Quindi, anche se il trattamento di seconda linea è più efficace, il successo è compromesso dai danni del secondo evento avverso, quando ormai quindi non serve più”.
La neuromielite ottica, “fino a pochi anni fa considerata un tipo di sclerosi multipla, che era la patologia più frequente e quindi ‘parente’ dello spettro della Nmosd”, colpisce “molto più le donne rispetto agli uomini – sottolinea Filippi – con un rapporto di 4 a 1. Il motivo? Ancora non lo conosciamo, però sicuramente l’assetto ormonale impatta sul sistema immunitario e questo vale per tutte le patologie autoimmuni, incluse la sclerosi multipla e le patologie autoimmuni non neurologiche”.