(Adnkronos) – Vanno in bicicletta o in moto, praticano tennis, padel, trekking, sci, viaggiano e lavorano: sono i ‘giovani anziani’, gli over 65 che oggi fanno sport e hanno una vita molto attiva, e che per questo rischiano traumi, fratture a ginocchio, caviglia e gomito, ‘incidenti’ triplicati negli ultimi anni. Con i sistemi tradizionali la guarigione sarebbe troppo lenta per il recupero desiderato, per questo chi ha 65, 70 o più anni verrà trattato in tutti gli ospedali italiani con le tecniche finora riservate ai giovani, che consentono una guarigione più rapida. Lo assicurano ortopedici e traumatologi ospedalieri italiani (Otodi) riuniti nel loro congresso annuale, il ‘Trauma meeting’, al via oggi a Riccione, che precisano: “per ora accade solo nei reparti più attrezzati, ma tra breve diventerà lo standard”. E per questo gli esperti si stanno confrontando per decidere metodi e protocolli condivisi per i diversi tipi di trauma, e stilare un documento ufficiale.
“Oggi, una frattura, anche per gli over 65 e anche ben più in là con gli anni – spiega Pietro De Biase, presidente del congresso insieme a Marco Mugnaini, Paolo Esopi, Andrea Micaglio – è un evento spiacevole da superare in fretta per tornare efficienti come prima. Per questo oggi è diventato anacronistico trattare le fratture e i traumi delle persone di 70 o 75 anni con i metodi finora in uso per gli anziani: cioè apparecchio gessato, immobilità prolungata che causavano rigidità articolari ed esiti poco soddisfacenti. Ormai a questa età oggi la gente ha mille impegni, viaggia, fa sport, spesso lavora, e quindi ha bisogno di guarire senza perdere tempo e recuperare tutta la propria efficienza fisica. Nei nostri reparti – riferisce – i pazienti di questo tipo sono la maggioranza. Quindi abbiamo deciso di modificare il nostro approccio terapeutico ai pazienti della cosiddetta terza età”.
“Bisogna solo adattare le tecniche, che sono essenzialmente chirurgiche, a questi soggetti – prosegue – tenendo presente le loro capacità biologiche e il patrimonio osseo di cui dispongono: cioè le loro condizioni di salute generale e quelle delle loro ossa, che con l’età si indeboliscono. Stiamo creando dei protocolli nuovi, che prevedono l’uso di viti e piastre studiate per migliorare la stabilità e altri accorgimenti tecnologici. In parte l’abbiamo già fatto, per esempio per la frattura del femore prossimale. Tra breve disporremo di una metodologia condivisa per tutti i tipi di fratture e traumi più frequenti: un documento ufficiale da cui auspicabilmente nasceranno linee guida per il trattamento dei traumi negli over 65”.
Quanto siano cambiati gli over 65 lo dimostrano anche il tipo di fratture. È vero che ancora, tra 65 e 75 anni la più frequente è quella del polso (100-130 uomini e 300-400 donne ogni 100mila per anno) mentre oltre tale età prevale quella del femore, seguita dall’omero. Ma da qualche anno stanno aumentando quei tipi di fratture, specie articolari, che un tempo erano quasi esclusive dei giovani: in particolare il ginocchio, la caviglia ed il gomito. Che sono tipiche dell’attività sportiva. Infatti ne sono causa l’andare in bicicletta o in moto, sport come il tennis o il trekking, lo sci ma a volte addirittura paracadutismo, parapendio o kite surf.
Secondo dati Istat, la pratica sportiva dal 2000 al 2019 è aumentata di tre volte per over 74, passando dal 2,6% al 7,2% della popolazione; e si sicuramente negli ultimi quattro anni è cresciuta ancora. Con la conseguenza che si sono triplicati anche gli incidenti e i traumi legati all’esercizio di questi sport. Insomma il mondo è cambiato. Il “vecchio” approccio terapeutico, ritengono i traumatologi, non è più accettabile, se non in pazienti con prognosi breve o con una immobilità precedente al trauma. Infatti lo stesso tipo di frattura trattata chirurgicamente e con tecniche moderne, anche negli over 65 permette un recupero pieno in un tempo che mediamente è la metà rispetto a quello dei sistemi tradizionali. In tutte le fratture, non solo quelle dovute alla pratica sportiva.
“Diverse società scientifiche, tra cui quella di Geriatria – prosegue il presidente Otodi De Biase – hanno proposto una classificazione diversa: dai 65 ai 75 anni si è ‘giovani anziani’; oltre i 75 anni ‘anziani’; sopra gli 85 ‘grandi anziani’ e poi centenari. Questa suddivisione non deriva solo dall’osservare che gli over 65 lavorano, viaggiano, fanno sport e hanno una vita sessuale; ha anche basi obbiettive. Un’indagine condotta su 10mila persone ha dimostrato come 2 ultra65enni italiani su 3 dichiarano di non sentirsi affatto ‘anziani’: stanno fisicamente e psicologicamente bene, sono nelle condizioni in cui poteva trovarsi un 55enne una quarantina d’anni fa. Anche una ricerca dell’Università di Goteborg ha dimostrato che i 70enni di oggi sono più ‘svegli’ dei loro coetanei di 30 anni fa: ai test cognitivi e di intelligenza ottengono risultati migliori, probabilmente perchè sono più colti, più attivi e meglio curati rispetto al passato”. Perciò, concludono gli specialisti “basta con lunghe degenze e recuperi lenti, spesso parziali. Le cure devono sempre mirare a una ripresa completa e il più rapida possibile, che consenta il pieno ritorno alla vita attiva. A qualunque età”.