(Adnkronos) – “Nel nostro Paese il virus respiratorio sinciziale incalza: ogni anno si stima che quasi il 100% dei bambini entro i due anni di vita contraggano l’infezione da Rsv. E sempre ogni anno in Italia sono circa 80mila le visite ambulatoriali richieste e oltre 36mila le ospedalizzazioni dovute all’infezione”. Così Elena Pariani, professore associato di Igiene e Sanità pubblica all’Università degli Studi di Milano a margine del 56esimo congresso nazionale della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti), che si chiude oggi a Roma.
Negli ultimi due anni, “dopo la tregua dovuta al Covid, in cui abbiamo messo in atto tutta una serie di misure che hanno bloccato la circolazione dell’Rsv e di tutti i virus respiratori – spiega Pariani – si è creata una sacca di soggetti suscettibili, quindi una sorta di debito immunologico del virus che ha portato ad una condizione per cui le ultime due stagioni sono state particolarmente importanti in termini di circolazione del virus, ma anche caratterizzate da una stagionalità non consueta rispetto al passato”.
Sul ruolo della sorveglianza Pariani è sicura: “è fondamentale perché – afferma – non abbiamo al momento strumenti strutturati di sorveglianza a livello ospedaliero o di Pronto soccorso, per cui il pediatria di libera scelta nel suo ambulatorio, partecipando a questa attività di sorveglianza, può effettivamente contribuire a capire quella che è la circolazione del virus tra la popolazione”. Poi cita l’esempio di best practice della Lombardia: “la Regione Lombardia, che fa parte della rete Influnet, da circa dieci anni ha inserito l’Rsv tra i patogeni da sorvegliare. La rete nata per la sorveglianza del virus influenzale, dal 2020 implementata con il Sar-CoV2, comprende l’attività di sorveglianza dell’Rsv. Non solo, da un paio di anni questa attività viene effettuata non più su base stagionale ma durante tutto l’anno per individuare l’inizio dell’epidemia”.
Contro il virus respiratorio sinciziale al momento “gli unici strumenti che abbiamo sono quelli legati alle misure non farmaceutiche applicate durante il periodo Covid – sottolinea l’esperta – ma che chiaramente risultano difficili da applicare se parliamo di neonati e bambini molto piccoli”. La prevenzione “con anticorpi monoclonali è molto importante – conclude Pariani – perché i dati del sistema di sorveglianza ci dicono che questa infezione colpisce ogni anno gran parte della popolazione pediatrica, di conseguenza un intervento preventivo può essere efficace nel ridurre questi numeri. Tra gli strumenti che saranno a breve disponibili ci sarà un anticorpo monoclonale; quindi, si parlerà non di vaccinazione ma di immunizzazione dei più piccoli e questo tipo di strategia permetterà di ridurre l’impatto dell’infezione tra la popolazione”.