(Adnkronos) – La perdita di udito è “frequentemente sottovalutata anche dai pazienti”, pur rappresentando un limite importante, oltre che “per la sicurezza, legata alla mancata percezione dei suoni che avvertono di pericoli”, anche perché si apprende proprio attraverso ciò che si sente “e la mancanza di udito determina un forte ostacolo alla realizzazione personale e un rischio di decadimento cognitivo”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Paolo Ruscito, direttore dell’otorinolarigoiatria della Asl Roma 1, che comprende le strutture ospedaliere San Filippo Neri, Santo Spirito e nuovo Regina Margherita.
“Osserviamo ogni giorno – racconta – come l’importanza del controllo di una perdita uditiva, della sordità, non sia percepita in maniera chiara dagli stessi pazienti, spesso reticenti a sottoporsi ad un trattamento protesico”. Con due principali motivazione. La prima, “come si può intuire, è quella estetica”. La seconda che spesso viene riferita è quella, infondata, di “perdere ulteriormente l’udito se si usa un sistema protesico. Invece è esattamente l’opposto”. La ridotta percezione uditiva “comporta una riduzione dell’intellezione, cioè della possibilità di comprendere il passaggio verbale. E ha dei risvolti, a livello corticale cerebrale, di riduzione di quelle reti neurali che permettono l’ideazione, la comprensione, la logica, quindi si crea un decadimento cerebrale collegato proprio alla perdita uditiva”. Più difficile dunque, per le persone che non sentono, “riuscire a realizzarsi anche nel lavoro”.
Questo quadro “è chiaro a chi si propone sul mercato con sistemi di supporto protesico a livello commerciale, ed è per questo che c’è tanta presenza anche sui mezzi di comunicazione di ditte e imprese che propongono, commercializzano e divulgano queste protesi”. Strumenti che “vanno comunque valutati con il medico” e che “sono un grande aiuto per i pazienti”. Grazie anche alla tecnologia che, negli anni, ha migliorato performance e appeal di questi strumenti, come nel caso della ‘promessa’ degli occhiali con tecnologie acustiche allo studio di EssilorLuxottica, per persone con disturbi uditivi lievi e moderati. “I passi avanti sono stati notevoli: dalle protesi analogiche, visibili e ingombranti, come era tutta l’elettronica di un tempo, ai sistemi digitali, oggi usati in maniera massiva, in cui la qualità del segnale, oltre che la capacità di applicazione e la riduzione dei volumi, sono ampiamente migliorati”.
La digitalizzazione, concorda Francesca Cianfrone, medico dell’Unità operativa complessa otorinolaringoiatria dell’ospedale San Filippo Neri di Roma, “ha rappresentato una vera rivoluzione” sia sul piano della qualità del suono, sia per la funzionalità, sia per l’estetica, grazie alla miniaturizzazione. Queste tecnologie “permettono di selezionare il suono, nel senso che si può ridurre, per esempio, il rumore di sottofondo e dell’ambiente circostante e focalizzare l’attenzione uditiva sull’interlocutore. Questo è molto importante, soprattutto per chi ha problemi di udito selettivi, con difficoltà nell’udire l’interlocutore in un ambiente più o meno rumoroso”.
Per i pazienti, inoltre, è un vantaggio “avere disponibilità di apparecchi di dimensioni molto piccole, quasi invisibili. C’è un’esigenza estetica, un’esigenza economica ma anche di qualità del suono”. I dispositivi, oggi, non sono più “semplici amplificatori ma strumenti che riescono, attraverso Bluetooth, anche a connettersi con i dispositivi elettronici, quindi cellulari, pc, tablet. Necessità fondamentale nella società moderna”. Il futuro, però, è quello della protesi impiantata.
“Rispetto agli apparecchi che si mettono e si tolgono – continua Cianfrone – si va sempre di più verso protesi totalmente impiantabili. Attraverso una otochirurgia soft queste piccole protesi, completamente invisibili una volta impiantate, vengono posizionate a livello dell’osso temporale. L’otochirurgia protesica sta prendendo sempre più piede soprattutto all’estero”. La protesi acustica del futuro, dunque, “sarà sempre più impiantata, invisibile e dotata della massima tecnologia”, conclude Cianfrone.