(Adnkronos) – Gli italiani mangiano meno sale, ma ancora troppo rispetto a quanto raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità che indica come dose massima 5 grammi al giorno: meno della metà dei 10,8 assunti a livello globale secondo una stima 2019. Nel nostro Paese, nel periodo 2018-2019, dall’analisi delle urine raccolte su 24 ore in campioni di 35-74enni residenti in 10 regioni, risulta un consumo medio quotidiano di sale pari a 9,5 grammi negli uomini e 7,2 grammi nelle donne. Solo il 9% dei maschi e il 23% delle femmine non superano i 5 g/die come vorrebbe l’Oms. Un quadro migliorato dal periodo 2008-2012 (10,8 g/die negli uomini e 8,3 nelle donne, con un consumo inferiore a 5 g/die nel 4% e nel 15% rispettivamente), ma non ancora abbastanza. Sono i dati riportati online dal ministero della Salute, in occasione della Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo alimentare di sale (15-21 maggio).
La settimana – che per molti anni si è celebrata a marzo, ma a partire da quest’anno slitta alla terza settimana di maggio – è promossa dalla World Action on Salt, Sugar and Health (Wassh), associazione nata nel 2005, con partner in 100 Paesi dei diversi continenti, che ha come prima missione “sensibilizzare i governi sulla necessità di un’ampia strategia di popolazione multisettoriale in materia” di consumo di sale, nonché “incoraggiare le aziende alimentari a ridurre il sale nei loro prodotti, considerato che circa tre quarti del sale consumato è già presente in cibi processati e confezionati e in molti Paesi raggiunge l’80%”. Assumere troppo sale – ricorda il ministero – fa salire la pressione arteriosa, aumentando il rischio di gravi malattie cardio-cerebrovascolari come infarto del miocardio e ictus cerebrale. Consumi eccessivi di sale sono stati inoltre associati a patologie cronico-degenerative come tumori, in particolare allo stomaco, osteoporosi e malattie renali.
‘Ditch the salt’ (Abbandona il sale) è il tema dell’edizione 2023 della settimana, per “sensibilizzare l’industria alimentare a ridurre il contenuto di sale nei propri prodotti e ricordare a tutti di utilizzare meno sale in cucina e a tavola”. Con un solo ‘pizzico’ in meno al giorno si potrebbero prevenire oltre 4mila infarti e ictus ogni anno nel solo Regno Unito, evidenzia la Wassh che detta 5 azioni concrete per consumare meno sale: usare erbe, spezie, aglio, peperoncino, erbe aromatiche e agrumi al posto del sale per aggiungere sapore al cibo; scolare e risciacquare verdure e legumi in scatola e mangiare più frutta e verdura fresca; controllare le etichette prima di acquistare per scegliere prodotti alimentari meno salati; ridurre gradualmente il sale nelle ricette preferite, consentendo alle papille gustative di adattarsi; non mettere a tavola sale e salse salate, in modo che anche i più giovani della famiglia si abituino a non aggiungere il sale.
“E’ fondamentale che aziende alimentari, istituzioni e cittadini proseguano l’impegno per la riformulazione dei prodotti alimentari e il minor ricorso all’utilizzo del sale in cucina e a tavola – si legge sul sito del ministero – al fine di conseguire l’obiettivo fissato dall’Oms nel Piano d’azione globale per la prevenzione e il controllo delle malattie croniche non trasmissibili 2013-2020, esteso al 2030, che prevede una riduzione relativa del 30% del consumo medio di sale/sodio nella popolazione entro il 2025 rispetto a una baseline del 2010”.
“A questo fine – sottolinea il dicastero – contribuiscono già da tempo sia il Programma ‘Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari’ (Dpcm 4 maggio 2007), nel cui ambito sono stati siglati numerosi Protocolli d’intesa tra il ministero della Salute e associazioni di produttori di alimenti artigianali o industriali volti a ridurre il contenuto di sale in diverse categorie di prodotti alimentari, sia il Piano nazionale della prevenzione” Pnp.
“L’attuale Pnp 2020-2025 (Intesa Stato-Regioni del 6 agosto 2020) prevede una linea strategica di intervento per la riduzione del consumo di sale, confermando così l’importanza dell’obiettivo nel contesto della promozione di una sana alimentazione per la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, già perseguito dalle Regioni con il precedente Pnp 2014-2018, prorogato al 2019, attraverso lo sviluppo di iniziative comprendenti, tra l’altro, accordi intersettoriali locali e attività informative per la popolazione e formative per operatori connessi al settore alimentare”.