(Adnkronos) – Conference call in corso. Qualcuno bussa alla porta della stanza di casa adibita a spazio di lavoro improvvisato. Entra un bimbo piccolo con in mano i libri, vuole aiuto coi compiti e rischia di finire inquadrato dalla telecamera accesa, davanti alla quale nel giro di pochi minuti il papà dovrà parlare per dare il suo contributo alla riunione. E’ ora di pranzo, i ragazzi rientrano da scuola, chiassosi irrompono nella stanza per chiedere come organizzarsi per gli sport pomeridiani. Poi è la volta del cane di casa, che ha deciso di combinare un danno. Imprevisto: finito l’orario di lavoro, tocca correre a prendere il pane per cena, i farmaci per la febbre del bebè, le camicie in lavanderia. Sono scene di ordinario smart working, comuni a tanti genitori che hanno sperimentato questa modalità lavorativa sdoganata sull’onda della pandemia di Covid-19.
Ma lavorare da casa è più o meno rilassante che stare in ufficio? Con buona pace di chi pensa che siano solo vantaggi, uno studio rivela invece un maggiore stress genitoriale per i lavoratori con prole impegnati nell’attività da remoto, rispetto a chi ogni giorno esce di casa e va in azienda o nella sua sede lavorativa. Con anche un ‘gap’ di genere che per una volta penalizza lui. Secondo un sondaggio condotto da scienziati della Northwestern University e dell’Ann & Robert H. Lurie Children’s Hospital di Chicago, e pubblicato su ‘Jama Network Open’, il 40% dei genitori che hanno lavorato a distanza durante la pandemia ha riportato uno stress genitoriale più elevato rispetto a solo il 27% dei genitori che hanno lavorato in sede.
In particolare, i padri che lavoravano da casa avevano il doppio delle probabilità di riferire che la genitorialità era stressante per tutto il tempo o per la maggior parte del tempo, rispetto ai padri che lavoravano fuori dalla propria residenza. Lo stress genitoriale per le madri che lavoravano a casa era leggermente più alto, ma non raggiungeva la significatività statistica, riferiscono gli autori della survey. Lo studio non ha invece rilevato differenze nella salute mentale o generale degli smart worker, rispetto ai colleghi lavoratori in loco.
“I risultati del nostro sondaggio mostrano che il telelavoro durante la pandemia è stato associato a un maggiore stress genitoriale, soprattutto per i padri”, evidenzia l’autore principale John James Parker, docente di pediatria alla Feinberg School of Medicine della Northwestern University e pediatra al Lurie Children’s Hospital. “Ciò potrebbe riflettere le aspettative della società secondo cui gli uomini dovrebbero dare priorità agli obblighi lavorativi rispetto ai bisogni familiari, il che crea ulteriore stress per i padri che lavorano da casa. Raccomandiamo ai genitori di riflettere sulla propria situazione familiare e lavorativa e di cercare di trovare una soluzione che limiti lo stress e promuova il benessere. Può essere semplice”.
Per esempio, è il suggerimento, potrebbe bastare intervenire per rendere lo spazio di lavoro più ‘impermeabile’ ai rumori, o ancora “riorganizzare gli orari per limitare le distrazioni e pianificare il tempo in cui i genitori possono allontanarsi dal lavoro per essere pienamente coinvolti con i propri figli”, elenca Parker. L’indagine ha coinvolto 1.060 genitori provenienti da tutti i 77 quartieri di Chicago.
Per gli autori, anche i datori di lavoro potrebbero fare qualcosa per mitigare questo stress. “Potrebbero fornire sostegno ai padri offrendo maggiore flessibilità e riconoscendo che entrambi i genitori hanno bisogno di un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata – riflette Parker – I datori di lavoro potrebbero anche incoraggiare i genitori che lavorano da casa, soprattutto gli uomini, a trarre vantaggio dai programmi di assistenza ai dipendenti, se sperimentano elevati livelli di stress. Tutto questo è importante, poiché lo stress dei genitori è legato alla loro salute e a esiti negativi nello sviluppo del bambino”.