(Adnkronos) – Sono due gli ospedali italiani, tra pubblico e privato accreditato, che superano a pieni voti la valutazione per la qualità delle cure in tutti i settori esaminati dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas): l’Humanitas di Rozzano e l’azienda ospedaliera universitaria delle Marche ‘Riuniti’ di Ancona. E’ quanto emerge dal ‘Programma nazionale esiti (Pne), edizione 2023, presentato oggi a Roma e basato sui dati 2022.
Il primo posto per qualità delle cure ospedaliere in Italia va “all’Irccs Humanitas di Rozzano, in Lombardia. Il secondo all’azienda ospedaliera universitaria delle Marche di Ancona, il terzo all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo e il quarto all’Humanitas Mater domini di Castellanza, Varese”, elenca all’Adnkronos Salute Domenico Mantoan, direttore generale dell’Agenas.
Otto ospedali italiani, tra Nord e Sud hanno invece una qualità delle cure basse e “vanno attenzionati”. Dati e nomi “saranno inviati al tavolo di monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza”. Mentre 430 sono risultati ‘non classificabili’, non perché sono ‘cattivi’ ma perché hanno un livello di attività così bassa che non riusciamo nemmeno a valutarli. Si tratta di 128 strutture pubbliche e altri privati accreditati, talmente piccoli per cui il numero dei ricoveri limitato non consente analisi significative”. Ospedali da chiudere? “Credo che dopo che sarà fatta la riforma del territorio, queste piccole strutture andranno riconvertite in case e ospedali di comunità, ma possono essere anche ambulatori. Serve riconvertire, non chiudere”, sostiene.
In generale sulla qualità delle cure ospedaliere, ha detto Mantoan ”abbiamo evidenziato dei chiaroscuri. E quest’anno, per la prima volta, la relazione sui dati presentati oggi la invieremo al tavolo di monitoraggio Lea, perché ci si deve porre il tema di una serie di ospedali del nostro Paese dove la qualità delle cure è molto bassa. Quindi vanno fatte politiche di accompagnamento, di audit, di verifiche per capire per quale motivo in alcune strutture italiane la qualità dell’assistenza è così bassa. Non possiamo permetterci queste differenze”, ammonisce. La mappa degli ospedali inefficienti “va da Nord a Sud, ci sono cose negative e cose positive sia a settentrione sia a meridione”, dettaglia Mantoan.
“Con il Pne – ha spiegato all’Adnkronos Mantoan – abbiamo un sistema di valutazione della qualità delle cure dei singoli reparti, e potremmo addirittura arrivare ai singoli operatori. Il nostro obiettivo, però, è valutare le qualità delle cure in generale. Mettendo insieme i risultati dei singoli reparti, nelle strutture che si sono potute valutare sul numero su tutti gli indicatori disponibili, risaliamo anche all’attività generale degli ospedali. In questo contesto, i due ospedali dove abbiamo riscontrato qualità elevata in tutti i reparti sono l’Irccs Humanitas e l’ospedale pubblico di Ancona. Va sottolineato che ci sono ospedali che hanno magari massima eccellenza in alcune discipline e poi sono carenti in altre”.
Si tratta, “evidentemente anche di una questione di management. Non è solo, quindi, un elemento legato al singolo professionista ma è un insieme di attività composta dal professionista, il management che lo sceglie e l’organizzazione che permette a tutti di lavorare bene. E poi, siccome si tratta degli stessi ospedali che si erano distinti lo scorso anno, questo dimostra che i buoni risultati non sono un caso, vuol dire che la’ c’è un metodo di lavoro”, ha concluso.
Si allarga la ‘forbice’ tra ospedali di eccellenza, che offrono elevate qualità di cure, e strutture in cui l’assistenza è deficitaria. “Sono aumentate queste differenze, c’è più eterogeneità tra regioni, ma soprattutto all’interno delle regioni stesse”, spiega all’Adnkronos Salute Marina Davoli, responsabile tecnico del Programma nazionale esiti, a margine della presentazione del Report 2023, oggi a Roma.
“In molte regioni ci sono strutture, su 1.400 ospedali pubblici e privati valutati – sottolinea – che hanno valori molto buoni e altre molto meno. Parliamo, in entrambi i casi, anche di strutture importanti, che ricoverano un numero di casi adeguato. In alcuni casi, all’interno della stessa regione le differenze sono maggiori rispetto al confronto con altre regioni. Questo vuol dire che un cittadino, restando nel suo territorio, avrà un’assistenza molto diversa in qualità a seconda della struttura scelta. Ci sono regioni dove addirittura nessuna struttura raggiunge il livello necessario, ma nella maggior parte dei casi sono tutte vicine ai livelli medi”.
“Purtroppo – aggiunge Davoli – anche quando si raggiungono valori buoni in alcune aree per qualità di assistenza, a livello regionale si osservano contemporaneamente differenze importanti. Bisogna ancora lavorare sull’equità dell’accesso. Un esempio estremo lo vediamo in Sicilia per i tempi di intervento per la rottura del femore, che è uno degli indicatori valutati, dove ci sono strutture che operano nelle prime 48 ore oltre l’80% dei casi e altre, in questo caso 3, che si fermano a meno del 10%. E’ una differenza enorme”.