(Adnkronos) – La Digital Health fa bene al cuore. “Con la medicina digitale, e in particolare con lo sviluppo di dispositivi connessi a Internet e dell’intelligenza artificiale, è possibile fare un importante passo avanti nella cura dei pazienti e nella ricerca clinica”, assicurano gli esperti dell’Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri), che in occasione degli Stati generali dell’associazione hanno fatto il punto sul contributo di strumenti come il Fascicolo sanitario elettronico agli studi di settore e all’assistenza ai pazienti, avanzando proposte utili a realizzare le promesse del digitale in sanità.
“La tecnologia ci mette a disposizione una serie di strumenti efficaci per selezionare i pazienti, ma anche per seguirli nel lungo periodo e analizzare comportamenti e abitudini nella vita quotidiana”, afferma Fabrizio Oliva, presidente Anmco e direttore Cardiologia 1 dell’ospedale Niguarda di Milano. “In questo quadro – sottolinea – si inserisce come strumento di grande utilità il Fascicolo sanitario elettronico (Fse), sistema informatizzato che raccoglie, organizza e archivia in formato digitale i dati relativi alla salute del paziente, consentendo la condivisione sicura e rapida delle informazioni. Diversi studi infatti hanno preso in esame le potenzialità del Fse nello sviluppo di studi clinici controllati e da quanto emerge in letteratura sembra che il Fse, oltre alla riduzione dei costi della ricerca clinica, consenta di reclutare più facilmente i pazienti e di ottenere risultati di real world. Possiamo quindi andare incontro all’esigenza della medicina dei nostri giorni rispetto al passato con studi clinici che consentano di ottenere risposte personalizzate, cucite sulle caratteristiche individuali dei singoli pazienti”.
“Sappiamo però bene – evidenzia Oliva – che fino a oggi il Fse ha presentato molteplici criticità che occorre affrontare e superare. Affinché i Big Data diventino davvero lo strumento di svolta per la medicina del futuro – avverte il presidente Anmco – occorre razionalizzare le modalità di raccolta delle informazioni e far sì che i dati siano raccolti in modo rigorosamente omogeneo, armonico e integrato, in una logica di totale interoperabilità”.
Per Gian Franco Gensini, coordinatore Commissione nazionale Anmco di Cardiologia digitale, “non è più sufficiente avere evidenze che si basino su pazienti medi rappresentativi di una condizione ideale: la realtà, oggi ancora più che in passato – rimarca lo specialista – è fatta di pazienti complessi con plurimorbilità e sempre più anziani. Un aspetto importante è la diffusione degli studi perpetui, caratterizzati dall’assenza in fase di progettazione di una data di fine prestabilita, proprio per tenere aperta la possibilità di confronto e per poter verificare l’efficacia o l’inefficacia di un farmaco nel lungo periodo. L’arruolamento dei pazienti in continuo – spiega Gensini – consente di collezionare un campione demografico che è molto più simile per caratteristiche cliniche ed esiti a quello che si osserva nella pratica quotidiana piuttosto a quanto si verifica con un protocollo classico. Anche in questi termini il Fascicolo sanitario elettronico si presenta come strumento potenzialmente di grande efficacia”.
“Ma se ad oggi il Fse è stato un fallimento, forse bisogna pensare a un Fse snello e più facilmente fruibile – suggerisce l’esperto – facendo anche riferimento a due concetti innovativi: il Data Lake e la granularità. Il Data Lake viene usato per definire un archivio di dati di grandi dimensioni nel quale i dati sono conservati in formato grezzo e non strutturato, in cui vengono raccolti dati provenienti da diverse fonti, per esempio dati di laboratorio, dati di imaging medico, dati demografici dei pazienti e altri tipi di dati relativi alla salute. L’uso del Data Lake può diventare uno strumento importante per l’elaborazione dei dati del Fse poiché consente mantenere tutti i dettagli originali dei dati, inclusi quelli non strutturati e semi-strutturati, senza doverli trasformare in uno schema rigido. Nell’ambito del Fse ciò è prezioso poiché i dati sanitari possono contenere una vasta gamma di informazioni, alcune delle quali potrebbero non essere facilmente classificabili in uno schema strutturato. Un altro vantaggio è la flessibilità, in quanto è possibile costruire schemi personalizzati in base alle domande specifiche che si vogliono risolvere. Un Data Lake, quindi, può consentire di ottenere una visione più completa e dettagliata con ricadute positive in termini di qualità della pratica clinica”.
“Vi è poi la granularità dei dati – prosegue Gensini – uno strumento per conoscere i dettagli. Più precisamente, in informatica si parla di granularità del dato proprio in riferimento alla possibilità di settare vari livelli di sintesi dei dati raccolti. Non è semplice definire a priori quale sia la migliore granularità. Se si fa riferimento al Fse, la granularità del dato raccolto deve essere tale da consentire di prendere decisioni appropriate. Sicuramente non deve essere troppo bassa, in quanto avere pochi dettagli non consente di raccogliere informazioni sufficienti. D’altra parte però, secondo alcuni autori, anche una granularità troppo alta potrebbe non essere sempre la soluzione ideale. In questo caso occorre considerare anche chi è che andrà a utilizzare il dato per prendere decisioni il medico di medicina generale, lo specialista, l’infermiere”.
“Queste riflessioni sulle caratteristiche dei dati e sugli strumenti per la loro gestione – osserva Oliva – non possono prescindere da riflessioni più generali su come stia cambiando la medicina e in particolare la medicina basata sulle evidenze”.
“Sempre più – ragiona il numero uno dell’Anmco – si sta passando da una medicina centrata sulla malattia a una medicina centrata sul paziente. Se da una parte gli studi clinici controllati continuano a essere il fondamento della ricerca clinica e dell’innovazione terapeutica, in quanto sono lo strumento capace di fornire prove solide da cui poter trarre conclusioni sull’efficacia di un farmaco o in generale di un intervento terapeutico, i rischi e le raccomandazioni, dall’altra non è più sufficiente avere evidenze che si basino su pazienti medi rappresentativi di una condizione ideale, ma occorrono strategie per studiare le terapie nella vita reale”.
“La recente esperienza con Covid-19 – rimarca Oliva – ha dato l’opportunità di comprendere l’importanza del lavoro sinergico per la generazione di nuove evidenze. Più aumenta la disponibilità dei dati e maggiori saranno i cambiamenti e le innovazioni anche nell’ambito della ricerca clinica. Il Fascicolo sanitario elettronico si presenta dunque come uno strumento dotato di grande potenzialità. Partendo da questi concetti – conclude – potremmo dare un grande contributo come associazione al correttivo del nuovo Fse, o pensare a qualche altro modello, ricordandoci che da queste scelte deriverà il successo o l’insuccesso del futuro della ricerca clinica”.