(Adnkronos) – “In Italia abbiamo il 31% di parti cesarei, inappropriati, anche perché per molte donne partorire in sicurezza rappresenta un escamotage per non provare dolore. Molto spesso le donne bypassano il problema per il timore del dolore del parto, per il fatto di non essere consapevoli di quello che accade. Tutto questo, insieme ad una mancata assistenza, spinge la donna in gravidanza ad optare per un taglio cesareo, la cui incidenza resta alta sebbene scesa dal 36-37% di qualche tempo fa”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Maria Grazia Frigo, responsabile Cure Materno-infantili della Società italiana di anestesia e rianimazione e terapia intensiva, in occasione del 77esimo Congresso nazionale Siaarti in corso a Roma.
“Se noi siamo in grado di offrire una migliore assistenza alla nascita, incluso il diritto inalienabile del parto indolore garantito anche dai Livelli essenziali di assistenza – sottolinea – verosimilmente potremmo essere più attraenti nei confronti anche di una natalità che sta crollando per motivi ovviamente sociali, economici e politici, e anche perché il Servizio sanitario nazionale non è in grado di dare un’offerta adeguata a una richiesta assolutamente legittima che è quella di partorire bene e di partorire anche senza dolore per libera scelta. Invece per l’offerta di parto indolore l’Italia resta fanalino di coda”.
“Come Siaarti ci stiamo impegnando per offrire una formazione sul campo e ‘simulata’ che certifichi delle competenze di anestesisti per la gestione delle partorienti – prosegue Frigo che è anche responsabile dell’Unità operativa di Anestesia e rianimazione in Ostetricia nell’ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola Roma – Persone sane e non pazienti, alle quali poter dare la possibilità di usufruire liberamente e gratuitamente di un parto indolore e allo stesso tempo garantire la sicurezza del percorso nell’emergenza e nell’urgenza”. Con “la giusta formazione – è convinta l’esperta – possiamo avere professionisti competenti che garantiscano alle nostre future mamme il modo migliore per far nascere i loro figli in una struttura ospedaliera”.