(Adnkronos) – “Oggi nelle Terapie intensive vengono ricoverati pazienti con una serie di diagnosi tra loro diversissime: traumi, infezioni, eventi cardiaci. Quindi parlare di una prognosi in maniera uniforme non è possibile. In generale, negli ultimi 30 anni c’è stata una riduzione davvero significativa, per moltissime condizioni, della mortalità, è questo è un dato estremamente positivo che dobbiamo all’avanzamento tecnologico, al miglioramento della formazione di medici e infermieri. Tuttavia, dopo il ricovero in alcuni pazienti abbiamo riscontrato l’aumento della debolezza muscolare, di deficit cognitivi e di disturbi mentali”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Nicola Latronico, responsabile Area Rianimazione e Terapia Intensiva della Società italiana anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva in occasione del 77esimo Congresso nazionale Siaarti in corso a Roma presso il Centro Congressi La Nuvola all’Eur.
“Il fatto è che molte delle persone che sopravvivono presentano degli esiti – sottolinea Latronico – E questi esiti sono, oggi, configurati nella ‘Sindrome dopo la Terapia intensiva’, condizione multidimensionale che colpisce pazienti nei loro aspetti fisici, mentali e cognitivi. E questo è un problema grave”. Un esempio concreto “ce lo dà uno studio pubblicato pochi anni fa sul New England Journal of Medicine – rimarca l’esperto – che faceva vedere come, a distanza di un anno, persone che prima erano indenni sviluppano un disturbo cognitivo paragonabile a quello di un paziente con Alzheimer di grado lieve dopo essere sopravvissuti alla malattia critica”. Quindi, “il nuovo futuro che avanza nell’ambito della Terapia intensiva chiederà agli esperti di farsi carico anche di coloro che sopravvivono, che vuol dire prendersi cura delle loro sofferenze anche da un punto di vista scientifico per poter trovare poi soluzioni concrete per questi pazienti”.
La Sindrome dopo la Terapia intensiva “riguarda tutte le categorie di pazienti però gli esiti rappresentano, in qualche modo, la somma di una serie di eventi: per prima cosa da come si arriva in Terapia intensiva (età e condizione fisica); dove vive il paziente (se può fare affidamento in un Sistema sanitario organizzato oppure no). In generale, quindi, le persone anziane fragili sono le persone più esposte al rischio di disabilità, ma i giovani non sono risparmiati”, conclude.