(Adnkronos) – “Da alcuni anni stiamo imparando che i neurofilamenti sono, probabilmente, tra i biomarcatori rappresentativi sia dell’attività infiammatoria di malattia sia della neurodegenerazione. Avere una molecola” come cladribina, “in grado di ridurre i livelli di questi biomarcatori rappresenta un segnale molto forte”. Lo ha detto Roberto Bergamaschi, responsabile del centro di ricerca sulla sclerosi multipla del dipartimento di Neurologia generale di Irccs Fondazione Mondino di Pavia, a margine del IX Congresso Ectrims- Actrims, organizzato dal Comitato europeo per il trattamento e la ricerca sulla sclerosi multipla (Ectrims) con la collaborazione dell’omonimo comitato americano (Actrims) ed il supporto dell’Associazione italiana sclerosi multipla (Aisla). La tre giorni, che si conclude il 13 ottobre, si svolge al MiCo di Milano e prevede la partecipazione di oltre 9mila ricercatori, medici e specialisti della sclerosi multipla.
In questa occasione, la farmaceutica Merck ha presentato i nuovi incoraggianti dati relativi a cladribina compresse (studio Magnify-Ms), che evidenziano una riduzione prolungata dei livelli sierici dei neurofilamenti a catena leggera (NfLs) nei pazienti con sclerosi multipla recidivante. “Stiamo ragionando – continua Bergamaschi – in termini di proxy, ma siamo piuttosto convinti che questi biomarcatori siano una buona espressione sia di infiammazione che di neurodegenerazione. Cladribina, agendo sui loro livelli, ci fa capire che è anche in grado di prevenire in maniera efficace la componente infiammatoria di malattia, ma presumibilmente anche le neurodegenerazione precoce”.
I dati presentati al congresso mostrano una tendenza a utilizzare sempre più precocemente cladribina compresse. “Il trattamento precoce – sottolinea Bergamaschi -è una garanzia per prevenire un’evoluzione sfavorevole di malattia. In termini specifici e di esperienza diretta, possiamo senz’altro dire che cladribina si pone come un trattamento ideale per un intervento precoce dal punto di vista terapeutico. Purtroppo, abbiamo qualche limitazione di tipo formale – osserva – che ci impedisce di utilizzare liberamente questa terapia nel paziente naïve e, comunque, in fase molto precoce. Mi auguro che queste limitazioni possano essere superate – conclude – per poter utilizzare questo farmaco, come altri, nel modo più appropriato”.