(Adnkronos) – La condivisione e l’analisi dei dati sanitari può migliorare il percorso di cura, secondo la maggioranza dei pazienti (75%) e aiutare le persone che convivono con la loro stessa patologia (76%) come quelle che l’affronteranno in futuro (79%). Circa l’80% sa che i propri dati sanitari possono essere combinati ed analizzati, ma l’85% non si sente adeguatamente informato. Fra i diversi strumenti di raccolta dei dati sanitari, quello più conosciuto è il Fascicolo sanitario elettronico (82%), seguito dai Dispositivi medici indossabili (56%) e, distanziati, i Registri di patologia (36%) e i Pros, Patient reported outcomes (12%).
Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine “La conoscenza e il valore dei dati sanitari nella prospettiva del paziente” – promossa da Roche e condotta da Elma Research su un campione di 520 pazienti – presentata oggi a Roma, nell’evento di apertura dell’edizione 2023 di “Path – join our future”, il progetto che vede Roche collaborare con 50 sigle di associazioni e federazioni di pazienti per ridisegnare il sistema salute. A partire dall’indagine, culmine dell’evento, un “Hackathon” parlamentare dove, attraverso gruppi di lavoro, sono state identificate le key action e gli strumenti parlamentari adeguati per finalizzare proposte operative che saranno sottoposte alle Istituzioni durante un Forum istituzionale che si terrà il prossimo dicembre. Al dibattito sono intervenuti diversi rappresentanti delle Istituzioni: l’onorevole Simona Loizzo, le senatrici Beatrice Lorenzin ed Elisa Pirro, i senatori Orfeo Mazzella e Ignazio Zullo.
Il percorso di Path, avviato nel 2021 – spiega una nota – ha portano, lo scorso anno, alla presentazione alle Istituzioni di un Documento programmatico con le proposte dei pazienti per la riorganizzazione della Sanità del futuro, focalizzate su 5 temi chiave: co-creazione, territorio, efficacia, telemedicina ed evidence generation e data privacy. L’edizione 2023 si concentra sul quinto tema, relativo al valore dai dati generati dai pazienti, con l’intento di contribuire all’evoluzione del sistema salute con azioni strategiche suggerite dalle associazioni alle Istituzioni per migliorare i percorsi di cura, la sostenibilità e l’equità del Servizio sanitario nazionale (Ssn) attraverso la valorizzazione dell’esperienza dei pazienti.
L’utilizzo dei dati sanitari dei pazienti e la loro condivisione è una delle grandi sfide del futuro che il sistema salute si trova oggi ad affrontare, in linea con la Missione n.6 del Pnrr che contempla il consolidamento delle reti di prossimità e una digitalizzazione crescente del Ssn, in particolare attraverso strumenti come il fascicolo sanitario elettronico (Fse) o i registri di patologia.Una delle sfide principali per massimizzare il valore delle evidenze generate dai pazienti, è rappresentata dall’alfabetizzazione digitale della popolazione e degli operatori. Le sfide però riguardano anche il rispetto del diritto alla privacy e l’interconnessione e l’interoperabilità tra sistemi informativi usati nei diversi ospedali o nelle diverse Regioni, necessaria per ottenere una visione integrata ed esaustiva del percorso di cura, ma spesso non realizzata appieno, rendendo la condivisione dei dati sanitari farraginosa ed inefficace.
“Da sempre Roche è partner del sistema su molti fronti- afferma Anna Maria Porrini, direttore Medical Affairs & Clinical Operations di Roche Italia – con l’obiettivo che ci sia più salute, oggi e in futuro. Sappiamo che una sanità basata sulla personalizzazione delle cure e sull’analisi dei dati ha il potenziale di ottimizzare i livelli di assistenza e di perseguire la sostenibilità con ricadute rilevanti anche per i singoli individui. Path – aggiunge – ci offre un’occasione in più per sottolineare quanto sia importante la collaborazione, un concetto che abbiamo fatto nostro cercando di portarlo al livello successivo che è quello della co-creazione. Per farlo è essenziale creare reti che possano contribuire fattivamente a migliorare i percorsi di cura”.
Tra gli esperti “emerge la necessità che i dati sanitari siano condivisi a livello nazionale – chiarisce Claudio Caccia, presidente Onorario di Aisis, Associazione italiana sistemi informativi in sanità – L’obiettivo è quello di avere dei dati che servano sia per l’attività di cure primarie e sia per le attività secondarie di ricerca e governance”.
Secondo Fidelia Cascini, Assistant professor Hygiene & Public health all’università Cattolica, esperta di sanità digitale, referente incaricato dalla Direzione sistemi informativi (Dgsiss) del ministero della Salute ed esperta Agenas, “l’Italia sta spendendo tanto in tecnologie e infrastrutture per mettere i dati a sistema ma ancora oggi vengono usati in modo poco razionale. L’Europa sta costruendo un modello unico armonizzato. Noi non dobbiamo perdere questa opportunità”.
Come ricorda Francesco Saverio Mennini, consulente del ministro della Salute, membro del gruppo di lavoro sulla formazione dei pazienti con l’Agenzia del farmaco (Aifa) e la European Patients’ Academy (Eupati), “in assenza di un database linkage efficiente diviene complicato valutare quale possa essere l’impatto economico e finanziario di alcuni interventi sanitari. In Italia abbiamo interpretato la normativa sulla privacy in maniera molto restringente rispetto agli altri Paesi Ue”.
Per i pazienti, Fabio Amanti, Manager of Institutional and external relationships & Head of patients advocacy parent project Aps, evidenzia che “avremmo preferito cominciare a discutere di un Fse unico nazionale, e non di 20 fascicoli differenti, perché temiamo si ripeta la stessa storia che purtroppo si è verificata con il registro delle malattie rare”. Sul tema dell’informazione, Ivan Gardini, presidente EpaC Ets. “Bisognerebbe pensare a dei moduli di consenso, dove ci siano meno parole incomprensibili e soprattutto meno acronimi. C’è bisogno di consapevolezza”. Infine, Salvo Leone, direttore generale AMici Ets, invita a “costruire la strada insieme alle Istituzioni”.