(Adnkronos) – Roche ha annunciato oggi, in occasione del Congresso 2022 dell’European Hematology Association di Vienna, i nuovi risultati di follow-up a lungo termine e di sotto analisi di studi clinici su terapie già approvate o sperimentali del suo ampio portfolio in ambito ematologico. I dati includono quelli dell’analisi finale dello studio di fase III Gallium, diobinutuzumab in combinazione a chemioterapia in pazienti con linfoma follicolare in stadio avanzato non precedentemente trattato, e alcune sotto analisi dello studio di fase III Polarix dipolatuzumab vedotin in associazione arituximab più ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone (R-Chp) in pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (Dlbcl) non precedentemente trattato. Roche ha inoltre presentato anche i dati dei suoi programmi di sviluppo degli anticorpi bispecifici T-cell engaging, mosunetuzumab e glofitamab in pazienti in linee avanzate di terapia per linfoma non Hodgkin (Nhl, non-Hodgkin lymphoma), e cevostamab e RG6234 nel mieloma multiplo recidivante o refrattario.
“I tumori ematologici – ha detto Levi Garraway, Md, Phd, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development – sono difficili da trattare in tutti gli stadi. Tuttavia, migliorando le opzioni di trattamento in prima linea, miriamo ad aumentare la probabilità di ottenere benefici clinici significativi per i pazienti. Con questi nuovi dati, e con gli studi a lungo termine su altre terapie a durata fissa presenti nel nostro portfolio – spiega – rafforziamo il nostro impegno nello sviluppo di soluzioni terapeutiche innovative, che possano non solo diminuire la necessità dei pazienti di trattamenti a lungo termine, ma anche ridurne le ripercussioni ad essi associati”.
Dopo otto anni di follow-up in pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattato, con obinutuzumab in combinazione con chemioterapia è stato mantenuto un significativo miglioramento della Pfs (Progression free survival), la sopravvivenza libera da progressione, confermando il suo ruolo di standard di cura per il trattamento di prima linea. La Pfs a sette anni è risultata significativamente migliorata con obinutuzumab in combinazione a chemioterapia (63,4%) rispetto ad arituximab più chemioterapia (55,7%). Questo si è tradotto in un maggiore tempo al successivo trattamento anti-linfoma: a sette anni, il 74,1% dei pazienti trattati con obinutuzumab più chemioterapia non aveva ancora iniziato una nuova terapia rispetto al 65,4% di quelli trattati con rituximab più chemioterapia. L’incidenza di eventi avversi gravi è stata del 48,9% con obinutuzumab più chemioterapia e del 43,4% con rituximab più chemioterapia
Analisi esplorative di sottogruppo dello studio di fase III Polarix – condotto con polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp rispetto all’attuale standard di cura rituximab più ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone nei pazienti con Dlbcl precedentemente non trattato – supportano ulteriormente il potenziale dipolatuzumab vedotin di modificare lo standard di cura per questo linfoma aggressivo.
Tra i dati presentati – si legge in una nota – un’analisi dei partecipanti allo studio provenienti dall’Asia (Cina, Hong Kong, Giappone, Corea del Sud e Taiwan). In questo sottogruppo, i risultati hanno dimostrato un miglioramento significativo della Pfs con polatuzumab vedotin più R-Chp rispetto a R-Chop, con una riduzione del 36% del rischio di progressione della malattia, recidiva o morte. Il profilo di sicurezza è stato generalmente comparabile per entrambi i regimi. Sulla base dei risultati positivi di Polarix della popolazione complessiva di pazienti dello studio, nel maggio 2022 la Commissione europea ha approvato polatuzumab vedotin più R-Chp per il trattamento di pazienti adulti con Dlbcl non precedentemente trattato. In Italia si prevede nei prossimi mesi una valutazione da parte dell’ente regolatorio nazionale per polatuzumab vedotin in prima linea, mentre la terapia è già a disposizione dei pazienti adulti con forma recidivante o refrattaria, non candidabili a trapianto.
Non solo. Lo studio registrativo di fase II Np30179 – che includeva pazienti con Dlbcl fortemente pre-trattati e refrattari – ha dimostrato che il trattamento a durata fissa conglofitamab, un anticorpo bispecifico Cd20xCd3 sperimentale, ha indotto tassi di risposta completa (complete response) elevati e duraturi. Dopo un follow-up mediano di 12,6 mesi – continua la nota – il 39,4% dei pazienti (n=61/155) ha ottenuto un endpoint primario di efficacia, e la metà (51,6%) ha ottenuto una risposta globale (percentuale di pazienti con una risposta completa o parziale; endpoint secondario di efficacia), come da valutazione da parte di un comitato di revisione indipendente. Verificatasi nel 63% dei pazienti, la sindrome da rilascio di citochine è stato l’evento avverso più comune. Questi dati sono stati recentemente presentati al meeting annuale 2022 dell’American Society of Clinical Oncology e sono stati sottoposti all’approvazione dell’Ema. Quest’anno sono previste sottomissioni ad altre autorità sanitarie in tutto il mondo, inclusa la Fda.
Un’analisi esplorativa dei sottogruppi ha dimostrato che mosunetuzumab potrebbe essere un’opzione efficace a livello di tollerabilità nei pazienti di età <65 e ≥65 anni con linfoma follicolare recidivante o refrattario che hanno ricevuto due o più terapie precedenti. I pazienti di età ≥65 anni hanno ottenuto un tasso di risposta obiettiva più elevato rispetto a quelli di età <65 anni (rispettivamente 87,0% vs 77%). Tassi inferiori di sindrome da rilascio di citochine ed eventi avversi gravi sono stati osservati nei pazienti di età ≥65 anni (37%) rispetto a quelli di età <65 anni (52%). Ulteriori dati dello studio Go29781 hanno dimostrato che il ritrattamento con mosunetuzumab in pazienti che hanno ottenuto una risposta completa ma la cui malattia è successivamente progredita è stato efficace, e che la sicurezza del ri-trattamento è stata coerente con quella del trattamento iniziale.
La Comunità europea ha recentemente approvato mosunetuzumab per il trattamento di pazienti con linfoma follicolare R/R che hanno ricevuto almeno due precedenti terapie sistemiche. La Fda ha concesso a mosunetuzumab la designazione di terapia altamente innovativa (‘Breakthrough Therapy’) e di farmaco orfano per questo stesso gruppo di pazienti. I dati presentati al congresso Eha, così come gli studi di fase III attualmente in corso, amplieranno la conoscenza di glofitamab e mosunetuzumab e del loro impatto sia nelle prime linee di trattamento sia in quelle successive, con l’obiettivo di ottenere benefici clinici significativi e duraturi alle persone con diversi tipi di linfomi.
In linea con il suo impegno nel migliorare i benefici clinici e la personalizzazione delle cure per le persone affette da tumori ematologici, Roche – conclude la nota – ha ampliato le sue sperimentazioni oltre i linfomi e le leucemie, includendo anche il mieloma multiplo. Si tratta del terzo tipo più comune di tumore ematologico – ogni anno viene infatti diagnosticato a oltre 170.000 persone a livello globale – e coinvolge le plasmacellule (cellule che producono anticorpi nel midollo osseo).
Sebbene i progressi scientifici abbiano migliorato la prognosi, il mieloma multiplo rimane una malattia incurabile, caratterizzata da recidive multiple, con un tasso di sopravvivenza globale a cinque anni di circa il 55%. Roche ha presentato all’Eha i dati su cevostamab, un anticorpo bispecifico sperimentale T-cell engaging FcRH5xCD3, che viene valutato in monoterapia e in combinazione con altri farmaci per il trattamento di soggetti con Mm R/R, e su RG6234, un nuovo anticorpo bispecifico T-cell engagingGPRC5DxCD3, che è oggetto di uno studio di fase I condotto su pazienti con Mm R/R. Sebbene le sperimentazioni siano solo all’inizio, l’attività clinica e i profili di sicurezza osservati con queste molecole sembrano incoraggianti, e supportano ulteriori investigazioni.