(Adnkronos) – Migliorare i programmi di diagnosi precoce, offrire la sorveglianza attiva come primo trattamento, implementare l’approccio multidisciplinare nei centri di cura. Sono queste le azioni chiave che emergono da Euproms, (Europa Uomo Patient Report Outcome Study), la survey promossa da Europa Uomo, condotta in 32 Paesi, realizzata con il contributo incondizionato di Novartis e presentata oggi. Il primo grande studio in assoluto realizzato dagli stessi pazienti per i pazienti – quasi 5.500 soggetti con età media 70 anni – ha indagato la qualità della vita dopo i trattamenti di chi è colpito da carcinoma prostatico, evidenziando diverse aree di criticità nel percorso terapeutico su diversi aspetti della sfera sessuale, psicologica e del dominio urinario.
I trattamenti attivi – chirurgia, radioterapia, chemioterapia e terapia ormonale – impattano, infatti in modo diverso e più o meno significativo, sulla qualità della vita dei pazienti con diagnosi di tumore della prostata. Per questo sarebbe auspicabile, quando possibile, cioè in casi specifici, con malattia minima, attuare la sorveglianza attiva come il primo trattamento per garantire una migliore qualità di vita. Quando, invece, si deve ricorrere a trattamenti invasivi, che hanno maggiore impatto sulla qualità di vita, è importante che il paziente venga seguito all’interno di centri di cura con grande esperienza e dotati di team multidisciplinare.
“Si parla troppo poco di tumore della prostata – afferma Maria Laura De Cristofaro, presidente Europa Uomo Italia – mentre i dati Aiom (Associazione italiana oncologia medica) registrano una crescita dei casi e quel che preoccupa ancora di più è che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) non preveda per questa neoplasia alcun programma di screening. Per questo la survey Euproms promossa da Europa Uomo a livello europeo, assume un valore importante. Dall’indagine emergono messaggi chiave – elenca De Cristofaro – l’importanza della diagnosi precoce, tanto più cruciale dal momento che il tumore della prostata non dà segni di sé in fase iniziale; la necessità di potenziare percorsi diagnostico-terapeutici definiti attraverso la realizzazione delle Prostate Unit al cui interno opera il team multidisciplinare, il solo che può garantire qualità delle cure, evitare trattamenti inadeguati e assicurare una migliore qualità della vita, oltre al supporto psicologico. Dallo studio emerge, inoltre, come la sorveglianza attiva (piano sistematico di controlli a intervalli definiti per il tumore della prostata a basso rischio) sia l’approccio che preserva al meglio la qualità di vita dei pazienti”.
Alla luce dei risultati di Euproms , “le Istituzioni” si sono spinte “verso una iniziativa storica – continua De Cristofaro – raccomandare a livello europeo programmi di screening, che in qualche Paese si stanno già sperimentando (Praise-U)”. Guardando al futuro, “Europa Uomo Italia intende portare avanti da oggi una serie di azioni atte a costruire un rapporto continuo con le Istituzioni nazionali e regionali. Invieremo – continua – una lettera aperta alla Presidenza del Consiglio e chiederemo di istituire la Giornata nazionale del tumore della prostata, perché si continui a parlare di salute maschile”.
Il tumore della prostata – spiega una nota – rappresenta il 19,8% di tutti i tumori maschili ed è il più diffuso tra gli uomini, con 564mila pazienti registrati e circa 40.500 nuovi casi per anno. “In buona parte dei casi (dal 30% al 40%) è a bassa malignità ed anche la sopravvivenza è ottimale”, ricorda Domenico Prezioso, professore associato di Urologia, Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologia Università Federico II di Napoli, responsabile della Prostate Cancer Unit, Membro Comitato Scientifico Europa Uomo. “Gli screening eseguiti in passato sulla popolazione maschile ultracinquantenne, sulla base delle conoscenze allora disponibili, si sono rivelati incapaci di ridurre la mortalità nel gruppo pazienti screenati, quindi non sono più stati consigliati. Da alcuni anni a questi pazienti viene consigliata la sorveglianza attiva, vale a dire il controllo periodico sia clinico che del Psa senza particolari cure mediche, che consente di convivere con la malattia, pronti ad intervenire con terapie specifiche qualora le condizioni cliniche dovessero dare segni di progressione”.
“Sulla base dei dati del nostro sondaggio – sottolinea Cosimo Pieri, segretario generale Europa uomo Italia, Rappresentante per l’Italia nel board di Europa Uomo – The European Prostate Cancer Coalition – nel settembre 2022, il Parlamento europeo, ha emanato la Raccomandazione ai 27 Paesi Ue di implementare la diagnosi precoce anche del tumore della prostata” perché non evolva in metastatico “peggiorando drasticamente la qualità di vita del paziente e dei suoi familiari oltre a richiedere costi fino a 20 volte superiori rispetto al trattamento dei tumori in stadio iniziale. Nello specifico – ricorda Pieri – dato che in Italia questa raccomandazione è stata solo recepita dal Piano oncologico nazionale 2023-27, ma per ora non implementata, chiediamo che anche in Italia, come già in diversi Paesi europei, sia avviato un progetto pilota per definire le linee guida nazionali dello screening organizzato del tumore della prostata”.