(Adnkronos) – Nella relazione medico-paziente “è importante usare parole semplici, non distanzianti come quelle tecniche e, nel rapporto caregiver-paziente, non essere sempre e soltanto compassionevoli e nemmeno usare frasi come ‘sei un guerriero’. Bisogna invece vivere la quotidianità, lavorando sulla stima degli interlocutori. Abbiamo notato che, quando si usano parole che esaltano la stima di chi ci sta ascoltando, l’emozione risulta molto positiva e il processo cognitivo diventa molto più consistente e si memorizza di più”. Così Vincenzo Russo, professore di Psicologia dei consumi e neuromarketing, coordinatore del Centro di ricerca Behavior and Brain Lab dell’Università Iulm di Milano, commenta i risultati di ‘Connessioni di vita. La guida per le interazioni che fanno bene’, la prima analisi neurometrica sulle interazioni che i pazienti con neoplasie mieloproliferative croniche e leucemia mieloide cronica vivono con medici, familiari e amici, promossa da Novartis in collaborazione con l’associazione Aipamm, nell’ambito della campagna di informazione e sensibilizzazione ‘Mielo-Spieghi’.
Nella relazione ci sono degli “elementi dirimenti la relazione empatica – spiega Russo – La capacità di guardare intensamente negli occhi attiva i neuroni specchio”. Questi, infatti, entrano in funzione “quando una cosa la faccio e quando la vedo fare. Se sorrido, sono certo che il nucleo accumbens, che ha a che fare con l’emozione positiva, si attiverà nel cervello dell’interlocutore”.
Quando si interagisce con qualcuno “è molto importante – continua Russo – misurare quello che le persone non ci vogliono o non ci possono dire. Così come nello studio abbiamo misurato, con il battito cardiaco e sudorazione delle mani, l’emotional index – se l’emozione è positiva o negativa e l’intensità – abbiamo utilizzato anche un eye tracker, che misura quello che le persone guardano, per incrociare quello che si guarda con quello che si prova” come emozione “e si memorizza”.
I dati raccolti sono “estremamente interessanti – sottolinea l’esperto – perché esaltano quegli elementi che i medici, magari, considerano meno improntati. A volte si è troppo tecnici nella relazione e si perde il punto di vista pratico che colpisce di più il paziente: non a caso – osserva Russo – i pazienti guardano in modo intenso il volto del medico. Una piccola distrazione”, per esempio, “viene percepita dal paziente in maniera negativa: anche se questa è giustificata a livello razionale e noi sappiamo razionalmente che certe cose possono accadere – conclude il docente – emotivamente non volgiamo ammetterle e accettarle. Per questo è importante stare molto attenti alla dimensione emotiva”.