(Adnkronos) – “Il protocollo Helixafe è veramente rivoluzionario. Per la prima volta poniamo l’attenzione su un non-tumore. Questo consente di intercettare preventivamente eventuali condizioni di rischio per intervenire da subito”. Così Adriana Albini, oncologa dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e responsabile del gruppo di ricerca per la prevenzione oncologica presso l’Associazione americana ricerca sul cancro (Aacr), a Roma a margine della Consensus Conference ‘Nuovo approccio nella prevenzione dei tumori, in Italia il primo modello al mondo’ di ‘Cancer Driven Interception’. ” La tecnologia permette di mettere in atto interventi non tossici, come azioni sulla modifica dello stile di vita, alimentazione, attività fisica. Questo è possibile grazie a una tecnologia innovativa che unisce molti parametri diversi che costituiscono dei driver di un problema oncologico”, dice nell’evento che si è svolto al Senato, promosso da Bioscience Foundation, associazione no profit che nasce dalla collaborazione fra Università Tor Vergata di Roma e sita presso l’Ospedale San Raffaele di Milano.
E’ la nuova frontiera della lotta al cancro, una prevenzione attiva sulle condizioni che possono far nascere un tumore. Si chiama ‘Cancer Driver Interception’. “E’ provato scientificamente: la cancerogenesi dura anni. All’inizio si verificano alcune condizioni predisponenti che, se intercettate e modificate, possono arrestare il processo, prevenendo l’insorgere della neoplasia. Condizioni ora chiare e studiate con decine di pubblicazioni scientifiche, che possono essere monitorate con semplici test. In Italia è stato messo a punto il più innovativo modello operativo al mondo: il protocollo Helixafe”, dice Albini.
“Una vera e propria rivoluzione – sottolinea Rossana Berardi, professore ordinario di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche e membro del direttivo nazionale Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) – Trasforma radicalmente il punto di vista sull’approccio ai tumori, incentrato oggi esclusivamente sulla diagnosi precoce e sulle terapie, a partire dall’individuazione di ‘cancer drivers’ che intercettano e trattano le condizioni fisiopatologiche che determinano lo sviluppo dei tumori. Come per le malattie cardiovascolari possiamo controllare la pressione arteriosa e il livello di colesterolo, fattori di rischio davvero importanti, oggi possiamo verificare le mutazioni che portano all’insorgenza dei tumori”. Come? Con l’analisi dell’instabilità genomica, del controllo dell’infiammazione cronica, dello squilibrio del sistema immunitario e della flora batterica intestinale.
“L’instabilità genomica è il driver principale – evidenzia Giuseppe Mucci, presidente di Bioscience Foundation – Il Dna di ciascuno di noi riceve diverse migliaia di lesioni quotidiane che vengono però riparate da geni oncosoppressori. Se questi geni però smettono di funzionare e non riparano più i danni, si formano le mutazioni somatiche (acquisite). Queste rappresentano l’indicatore dell’inattività sopraggiunta dei geni oncosoppressori e quindi della condizione prodromica dello sviluppo dei tumori solidi. Ciò avviene mediante il sequenziamento del Dna libero circolante, che si ottiene con un semplice prelievo di sangue. Non solo: è necessario controllare anche l’infiammazione cronica, con l’analisi di 9 citochine per evidenziare una condizione di infiammazione sistemica”. Ancora, “la misurazione del rapporto CD4/CD8, monociti – continua Mucci – evidenzia l’equilibrio o lo squilibrio del sistema immunitario. Mentre con il sequenziamento di un campione di feci è possibile analizzare una quarta funzione driver, che è lo squilibrio della flora batterica intestinale”.
Come ricorda Luca Quagliata, biotecnologo molecolare dell’Università di Heidelberg in Germania, “le tecniche di sequenziamento del Dna libero circolante rappresentano una svolta epocale nella prevenzione del cancro, ciò perché consentono la valutazione delle conseguenze dovute all’impatto genotossico accumulato nel Dna e che può diventare driver del cancro. Come studiato dallo spin-off dell’Università Tor Vergata, frutto della ricerca italiana”.
A ribadire l’importanza del protocollo è intervenuto anche il presidente nazionale Aiom, Saverio Cinieri. “Il numero assoluto di tumori nei Paesi occidentali – ricorda – aumenta, ma cala la mortalità, grazie alla diagnosi precoce. In Italia nel 2022 sono state registrate 390mila diagnosi, 14mila in più rispetto al 2020. Dobbiamo intervenire sulla prevenzione primaria con la correzione di scorretti stili di vita, soprattutto fumo, sovrappeso e sedentarietà, ed ora anche sulla prevenzione attiva. Per questo va sviluppato un progetto di comunicazione ed educazione importante fra i clinici, ma soprattutto fra i medici di famiglia”.
“Il nostro compito – commenta Pier Luigi Bartoletti, vicesegretario nazionale della Fimmg (Federazione italiana medici di famiglia) – è proprio quello di ridurre il carico di malattia oncologica. Poter intervenire attraverso controlli prodromici rappresenta un passo in avanti notevole”. Aggiunge Roberto Messina, presidente nazionale di Senior Federanziani: “Il tumore è una malattia che colpisce soprattutto gli anziani, ma che si sviluppa negli anni sin da giovani. Per questo è importante agire sulla prevenzione primaria e attiva con questi nuovi test, per avere una terza età libera da malattie importanti come quelle oncologiche”. Dal primo convegno nazionale di confronto sulla prevenzione attiva, conclude Mucci, “parte un lungo percorso educazionale e culturale rivolto a 360 gradi ai medici, alle istituzioni, alle associazioni pazienti, alla popolazione”.