(Adnkronos) – In meno di 6 mesi di attività, 3 giorni a settimana, il camper dell’unità mobile di assistenza sanitaria di Fondazione Consulcesi e Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) di Roma ha assistito più di 800 utenti, fornendo più di 1.600 prestazioni sanitarie tra visite, medicazioni, prescrizioni mediche e attività di orientamento sanitario, a soggetti fragili e senza fissa dimora della Capitale. Tra le diverse problematiche lamentate dagli utenti, una buona percentuale riguarda le patologie odontoiatriche e osteoarticolari, ipertensione arteriosa, cefalea, infezioni lievi-moderate e problematiche dermatologiche. A rivolgersi all’unità mobile sono state per la stragrande maggioranza persone di sesso maschile (82% uomini, 18% di donne), con un’età media di 52 anni.
Sono i principali risultati dell’ultimo rapporto semestrale (aprile-settembre 2023) relativo all’attività del camper sanitario costituito dalla collaborazione tra la Fondazione del gruppo Consulcesi con le istituzioni sanitarie locali, con il sostegno della Fimmg di Roma. “A sorpresa -racconta Alessandro Falcione, medico Fimmg Roma e coordinatore dell’unità mobile – la nazionalità più rappresentata è quella italiana, con circa il 33% degli utenti. Le problematiche di più frequente riscontro sono quelle più familiari alla medicina generale, quali il trattamento di patologie acute lievi-moderate e croniche. Vediamo un po’ di tutto: infezioni delle vie aeree, micosi, ipertensione arteriosa, malattia da reflusso gastroesofageo, artrosi, carenze nutrizionali. Sicuramente gli ambiti dove incontriamo più difficoltà, viste anche le difficili condizioni socioeconomiche dell’utenza, sono quelli riguardanti le patologie di pertinenza odontoiatrica, dermatologica ed ortopedica”.
Nei 3 giorni di attività settimanale svolta da marzo a settembre nelle piazze di Stazione Ostiense, Stazione Tuscolana e piazza Santi Apostoli, per un totale di circa 75 giorni di presenza sul territorio, si sono registrate 1.638 prestazioni tra visite, medicazioni, prescrizioni di farmaci e attività di orientamento sanitario per 839 utenti. Di questi, 275 erano di nazionalità italiana, seguiti da persone di nazionalità rumena (145), ucraina (45), marocchina (22), peruviana (19), e ancora persone nate in Iran, Kurdistan, Egitto, Algeria, Senegal e Afghanistan. “Un’affluenza tutt’altro che bassa – osserva Simone Colombati, presidente Fondazione Consulcesi – che conferma ancora una volta l’impellente urgenza di investire di più, e non di meno, nella sanità, dall’assistenza territoriale all’accesso alle cure e sui tempi d’attesa”. Sono “numeri e dati che non solo scattano una fotografia sulla portata dei bisogni di una fetta importante della nostra società – aggiunge – ma che confermano l’importanza di favorire lo sviluppo di servizi di assistenza sociosanitaria attraverso la collaborazione tra e con enti e organizzazioni del terzo settore”.
Proprio attraverso l’unione con altri enti e soggetti impegnati ai margini della società, la Fondazione porta avanti molteplici progetti volti a “contribuire concretamente a rendere accessibile le cure sanitarie in Italia e nel mondo”, come si legge nella sua Mission. Dall’Unità mobile nella Capitale ai progetti di formazione e assistenza medica in ambito urologico, pediatrico e nefrologico-interventista in Eritrea, tutte le attività sono state possibili e lo sono ancora “grazie ai tantissimi medici e professionisti sanitari – spiega Colombati – che mettono a disposizione il loro tempo e la loro esperienza”. Inoltre, “grazie a tutti coloro che decidono di sostenerci donando alla Fondazione Consulcesi, sarà possibile continuare e offrire un servizio ancora più ampio”.
Tornando all’esperienza dell’unità mobile, “il trend sembra suggerire un leggero aumento dell’attività – sottolinea Falcione – è fondamentale poter continuare a garantire questo servizio e implementarne di nuovi: dalla dotazione di device/kit (ad esempio tamponi rapidi per il Covid-19, flu e streptococco per l’inverno), fino a sostenere le campagne vaccinali in autunno/inverno, e i programmi di screening”.