(Adnkronos) – “La storia dei vaccini influenzali è cambiata molto nella storia: i vaccini di oggi sono completamente nuovi. Oggi non abbiamo un antinfluenzale, ma in realtà abbiamo un armamentario di possibilità e dare al paziente giusto il vaccino giusto non è immediato. Nelle politiche vaccinali, sono importanti le evidenze scientifiche nelle diverse popolazioni”, per fare le scelte più giuste. Così Pietro Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene e medicina preventiva, Università del Salento, all’evento di stamattina a Brindisi, dal titolo ‘Invecchiamento di successo: ruolo dei vaccini e stili di vita’, organizzato da HappyAgeing (Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo) con la Fondazione Dieta mediterranea, grazie al patrocinio del Comune di Brindisi e di Federsanità Anci Puglia e con il contributo non condizionante di Sanofi.
Al confronto sul tema dell’importanza della personalizzazione della vaccinazione nel paziente anziano come principale strumento per un invecchiamento attivo, sono intervenuti anche: Raffaele Antonelli Incalzi, direttore Uoc Gerontologia, Policlinico universitario Campus Bio-Medico e già presidente della Sigg (Società italiana di geriatria e gerontologia), Stefania Maggi, presidente della Fondazione dieta mediterranea e dirigente di ricerca Cnr dell’Istituto di Neuroscienze, sezione di Padova-Invecchiamento; Nehludoff Albano, sezione Promozione della salute e del benessere, Regione Puglia e Michele Conversano, presidente Cts HappyAgeing.
Sono diversi gli anti-influenzali a disposizione. Oltre al vaccino quadrivalente (sempre più utilizzato) per le persone anziane e fragili i ‘rafforzati’: quadrivalente adiuvato; quadrivalente coltivato su colture cellulari (muta meno); quadrivalente ricombinante; quadrivalente ad alto dosaggio e il vaccino spray nasale vivo attenuato (Laiv).
“Ci siamo stupiti – dice Lopalco – con il Covid, di aver avuto un vaccino efficace in un anno: una sorpresa per tutti, con una nuova tecnologia contro un nuovo virus. Da un lato la ricerca e, dall’altro, un percorso burocratico accelerato che da 18 mesi è stato ridotto a 18 giorni, hanno fatto la differenza. In realtà, per l’influenza succede sempre che in meno di un anno si produce e registra un vaccino, il ciclo di produzione dell’antinfluenzale è molto veloce. A febbraio si sa il ceppo, a giugno c’è il processo di approvazione e la messa in produzione. La registrazione si basa sulla immunogenicità, cioè la produzione di anticorpi”.
Quando si parla di efficacia vaccinale “non ci si riferisce alla sola risposta anticorpale – ricorda l’esperto – ma anche alla protezione dall’infezione, malattia e malattia grave. Serve quindi il dato sull’efficacia sulle complicanze e l’ospedalizzazione. Se dopo la vaccinazione si ospedalizza meno rispetto al non vaccinato, significa che è efficace. Per valutare l’efficacia – aggiunge – abbiamo due modi: il gold standard e l’effectiveness. L’elemento principale di efficacia è il matching con il ceppo circolante, che per l’influenza muta velocemente”. Nel caso del gold standard, si procede con uno studio (trial) clinico randomizzato su una popolazione definita, casualmente divisa in due gruppi a cui viene somministrato o meno il vaccino e se ne misura l’efficacia. L’effectiveness misura l’efficacia nell’uso corrente, sono dati sulla vita reale.
Un trial clinico è perfetto per verificare l’effetto diretto della vaccinazione. Studi di effectiveness con diversi vaccini in diverse fasce d’età permettono di valutare i casi di malattia evitati nella popolazione e valutare quindi no solo l’effetto diretto, ma anche indiretto dei vaccini.
In aiuto per la personalizzazione della vaccinazione ci sono le evidenze scientifiche, in particolare il metodo Grade che una volta valutata la revisione sistematica della letteratura, definisce anche il ‘grade’, cioè il livello dell’evidenza. “Il Centro americano per il controllo delle malattie (Cdc) in maniera pragmatica – spiega Lopalco – ha un messaggio semplice: per anziani over 65 si usano i nuovi vaccini perché nell’anziano il vaccino che non sia potenziato/rafforzato, funziona meno”.
Il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) applica il metodo Grade: per ogni vaccino e popolazione indica non solo quanto funziona, ma anche quanto è attendibile o meno tale conclusione. Per esempio, evidenzia che “mancano studi di alta qualità che confrontino il vaccino adiuvato e quello no – fa notare Lopalco – Il messaggio più forte è per il vaccino ad alta dose che, rispetto allo standard, con evidenza molto alta, ha un effetto relativo del 24% in più, a prescindere dal ceppo circolante. Nel caso di vaccini coltivati su cellule – sottolinea – si vede che hanno un ‘grade’ positivo con effetto relativo di protezione, rispetto al non vaccinato, del 70-80%. Non sappiamo se faccia meglio del competitor, ma è molto elevato. Infine, il ricombinante, rispetto al non vaccinato, ha un livello di efficacia superiore del 30%”, conclude.