(Adnkronos) – “Siamo nel mezzo della campagna antinfluenzale e purtroppo il terreno da recuperare è molto. Guardando infatti all’esempio della vaccinazione antinfluenzale nell’anziano, se nella stagione 2020-21 si è registrata la percentuale di copertura più alta rispetto alle precedenti 10 campagne influenzali (65,3%), già nel 2021-22 la copertura è scesa al 58,1%, per arrivare nella stagione 2022-23 sino al 56,7%. Praticamente tra il 2020 e il 2023 la copertura vaccinale antinfluenzale dell’anziano è scesa di circa 9 punti percentuali, con una distanza ormai di circa 20 punti dall’obiettivo minimo di copertura del 75% previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità”. Nel frattempo, lo Stato e le Regioni, il 2 agosto 2023, hanno approvato l’Intesa sul “Piano nazionale di prevenzione vaccinale (Pnpv) 2023-2025” e sul “Calendario nazionale vaccinale”. Uno strumento che, se nelle intenzioni aspira a rafforzare le campagne vaccinali, in realtà, rispetto alla sua capacità di impattare concretamente sullo stato delle cose, ad una sua più attenta analisi, sembra essere “un’arma spuntata”. Ne è convinto Tonino Aceti presidente di Salutequità che in un editoriale pubblicato su Alleati per la Salute (www.alleatiperlasalute.it ), il portale di informazione medico-scientifica realizzato da Novartis, fa il punto sullo stato dell’arte del Pnpv 2023-25.
Nel testo – scrive Aceti – si ritrovano circa 14 importanti azioni declinate al condizionale, relative a temi che, per garantire un effettivo cambiamento, necessiterebbero di disposizioni più prescrittive e immediatamente cogenti per tutti. È il caso, ad esempio, del passaggio a una “logica proattiva di un percorso vaccinale centrato sul paziente”, per il quale il piano prevede soltanto che “sarebbe utile (anziché “è necessario”) che la rete specialistica pensata per seguire i soggetti a rischio possa promuovere (anziché “garantisca/promuova”) attivamente le vaccinazioni, tanto a livello ospedaliero che territoriale”. Un altro esempio di “indicazione debole” da parte del Piano è quella sulla comunicazione in ambito vaccinale per costruire la fiducia della popolazione. Anche su questo il Piano prevede una serie di azioni che “dovrebbero” (anziché “devono”) essere intraprese a tutti i livelli (nazionale, regionale e locale) in modo coerente e, possibilmente, concertato”.
“Esiste poi un “nodo risorse” che ha tenuto banco nella dialettica tra il ministero della Salute, Mef e le Regioni per circa 8 mesi, ancora non sciolto – sottolinea Aceti – che rischia di condizionare concretamente l’operato delle Regioni rispetto alla piena attuazione del Piano nazionale, del nuovo Calendario vaccinale e quindi dei diritti da garantire a tutti i cittadini. L’Intesa Stato-Regioni approvata, infatti, se da una parte non prevede alcun incremento delle risorse a fronte dell’ampliamento dell’offerta vaccinale e delle azioni necessarie per assicurare la copertura vaccinale a tutti i soggetti a rischio, nonostante la volontà espressa nell’Atto di indirizzo 2023 del ministero della Salute di investire risorse strategiche anche sul Piano nazionale di prevenzione vaccinale, dall’altra introduce l’attivazione di un “monitoraggio della spesa, funzionale ad assicurare le successive valutazioni politiche del Governo, in ordine comunque, alla congruità delle risorse a disposizione e per valutare la possibilità di reperire ulteriori risorse in caso di eventuali maggiori costi”.
Il Piano prevede un calendario vaccinale distinto, quindi nelle intenzioni facilmente aggiornabile e in grado di essere al passo con i futuri scenari epidemiologici, le evidenze scientifiche e le innovazioni in campo biomedico. Questa innovazione rischia però di rimanere sulla carta – scrive Aceti nel suo editoriale – almeno per due motivi: l’incertezza delle risorse per il corretto finanziamento del Piano e la lentezza con la quale il Ssn aggiorna i suoi Lea. Infatti, se non si procede costantemente alla revisione e aggiornamento dei Lea, non sarà possibile l’inclusione degli aggiornamenti previsti dal calendario vaccinale negli stessi Lea e quindi sarà impossibile per il cittadino fruire di tutte le vaccinazioni previste dal calendario. Un problema sostanziale e grave segnalato esplicitamente anche all’interno del Ppnv.
Al fine di rendere sostenibile, equa e omogenea l’offerta vaccinale, nonché per garantire servizi di qualità con il massimo della competenza professionale, il Piano richiama espressamente come indispensabile la necessità della definizione degli standard organizzativi e di personale dei Dipartimenti di prevenzione delle Asl. Una misura fondamentale per passare dalla metrica del “personale che ciascuna Regione può permettersi” a quella del “personale che serve” per garantire al meglio specifici standard di servizio. Nonostante la particolare rilevanza della misura, ancora il percorso sembra in alto mare – conclude Aceti – Allo stesso modo, ancora nessun avanzamento sostanziale è stato comunicato, ad esempio, rispetto all’avvio del percorso di autonomia professionale in ambito vaccinale anche dell’infermiere.
L’articolo completo è disponibile su: https://www.alleatiperlasalute.it/piu-lungo/larma-spuntata-del-piano-nazionale-prevenzione-vaccinale-2023-2025