(Adnkronos) – Geo, Terra, e thermos, caldo. La geotermia sfrutta il calore proveniente dalla Terra per produrre energia elettrica e calore per le reti di teleriscaldamento. Una fonte antica per l’uomo che oggi, attraverso gli impianti industriali, offre la possibilità di produrre energia verde, senza emissioni di gas climalteranti e dal potenziale enorme.
“La geotermia è una tra le fonti energetiche a minor impatto ambientale ed è pronta a svolgere un ruolo importante per il futuro approvvigionamento energetico sostenibile dell’Europa. Un ruolo che, d’altra parte, riveste già da anni in alcuni paesi europei, basti guardare a quel che è stato fatto in Germania e nei Paesi Bassi: nella Repubblica Federale ci sono già 46 impianti operativi, in Olanda 26; e se nel 2022 i tedeschi avevano in costruzione solo 4 impianti più 12 in fase autorizzativa, nel 2023 sono già saliti a 34 cantieri e 82 in via di autorizzazione. Con una dipendenza energetica dell’Italia dall’estero ancora elevatissima e un sottosuolo tra i migliori al mondo per la geotermia, sarebbe irresponsabile non favorirne lo sviluppo, tanto più nello scenario che abbiamo appena vissuto di crisi energetica e aumento dei prezzi”, spiega all’Adnkronos Florian Gostner, ad e direttore operativo Fri-El Geo, attiva nello sviluppo di impianti geotermici a media entalpia, parte del Gruppo Fri-El Green Power, con sede a Bolzano.
IL POTENZIALE – “Il nostro Paese ha un potenziale energetico geotermico tra i 5.800 e i 116.000 terawattora (il fabbisogno elettrico annuo è di circa 317 TWh), però ne ricava appena 6 TWh. La transizione ecologica potrebbe darle l’occasione per espandersi: è una fonte rinnovabile, a emissioni nulle, che permette di produrre sia energia elettrica sia termica e che è continuativa e programmabile”, sottolinea Gostner. In particolare, Fri-El Geo sfrutta “la geotermia con impianti a ciclo binario a media entalpia, un sistema che permette lo sfruttamento del calore contenuto nel primo strato di sottosuolo attraverso l’iniezione di un fluido vettore per mezzo di una pompa di calore”.
IL PROGETTO PANGEA – Con il Progetto Pangea, Fri-El Geo ha identificato oltre 100 possibili installazioni geotermiche nel solo bacino della Pianura Padana. “Realisticamente, nel giro di 10-15 anni si potrebbero avviare una cinquantina di impianti geotermici, ciascuno con una potenza tra i 200 e i 250 megawatt termici, che corrispondono a 20-30 megawatt elettrici. Se il Progetto Pangea dovesse venire ultimato con le sue cento installazioni in tutto, l’energia generata permetterebbe di evitare il consumo di 9,6 miliardi di metri cubi di gas naturale e l’emissione di 17,3 milioni di tonnellate di CO2 nel solo nord Italia, ad oggi tra le aree più inquinate d’Europa. Nel complesso con il Progetto Pangea potremmo arrivare a ridurre il fabbisogno del gas nazionale dal 10 al 15%”. Di questi 100 progetti, spiega l’azienda, in Pianura Padana ne prevediamo 15 per 6,6 miliardi di euro di investimenti. Di questi, 13 sono già in pipeline di realizzazione nel prossimo decennio, per una riduzione di consumo di gas di oltre 1,5 miliardi di metri cubi.
“Vogliamo contribuire alla decarbonizzazione del Paese e ci concentreremo inizialmente sul nord Italia, per esempio a Milano e a Pavia, dove possiamo sfruttare le reti di teleriscaldamento già presenti e dove c’è un maggiore fabbisogno energetico, in particolare dell’industria, ma abbiamo dei piani anche per il sud e il centro Italia”, annuncia.
L’idea è nata a Ostellato, nei pressi di Ferrara, “dove abbiamo una serra idroponica fortemente energivora di 30 ettari che produce frutta e verdura tutto l’anno. La risorsa geotermica fornirà l’energia per riscaldare e per illuminare la serra, in modo da non avere più bisogno delle fonti fossili. Inoltre, andremo a realizzare una rete di teleriscaldamento per la zona industriale vicina al campo pozzi. Per avere un’idea del potenziale di un progetto del genere, un impianto come quello di Ostellato permette di produrre abbastanza energia termica da riscaldare circa 120mila abitazioni e potrebbe far risparmiare 40mila tonnellate di CO2 all’anno”.
FRENI ALLO SVILUPPO – Una risorsa per la transizione dunque ma dal potenziale ancora non ancora sfruttato. Perché? “Uno dei motivi per i quali la geotermia è poco diffusa è il rischio iniziale di investimento che gli operatori devono assumersi. Il potenziale geotermico di un sito non è facilmente prevedibile: la risorsa si trova sottoterra, per accedervi bisogna perforare un pozzo, e una volta raggiunta si può scoprire che la sua resa effettiva è molto inferiore di quella stimata. A quel punto è difficile rientrare dalle spese”, dice Gostner spiegando che su questo aspetto “l’Italia soffre di una normativa non al passo con i tempi”.
IMPATTO AMBIENTALE – Sul fronte ambientale, qual è l’impatto degli impianti sul territorio? “Non esistono rischi, per il semplice motivo che noi non puntiamo sulle faglie e la pressione usata nei pozzi è tanto bassa da non suscitare alcuna criticità. A Ferrara alcuni vecchi pozzi petroliferi non produttivi sono stati convertiti in pozzi geotermici producendo acqua a circa 100 gradi per alimentare la rete urbana di teleriscaldamento e funzionano da 35 anni senza nessun problema – risponde – Nel caso della media entalpia, inoltre, non c’è alcuna emissione né di vapori né di gas né di odori sgradevoli. Non ci sono problemi ambientali di alcun genere, dato che con la media entalpia il fluido geotermico si può reiniettare al 100%. L’unica cosa che il fluido cede è il calore”. Inoltre, “il fabbisogno di suolo, lo spazio necessario per costruire gli impianti, è molto contenuto”.