(Adnkronos) – L’impatto ambientale del Bitcoin è notoriamente dibattuto da anni. Sul banco degli imputati c’è, in primis, il consumo connesso alla produzione energetica necessaria per generare le transazioni di bitcoin.
Secondo il Cambridge Center for Alternative Finance (CCAF), il Bitcoin consuma circa 110 terawattora di energia all’anno, ossia lo 0,55% della produzione globale di elettricità, o approssimativamente equivalente al prelievo energetico annuale di paesi come la Malesia o la Svezia.
La società di servizi professionali KPMG ha redatto un report che esamina le questioni ESG associate al Bitcoin, per dissipare le percezioni errate.
Il Bitcoin è una valuta digitale creata nel 2008 da Satoshi Nakamoto, pseudonimo del programmatore (o gruppo di programmatori) che lo ha inventato.
Questa criptovaluta funziona su una rete peer-to-peer in cui gli utenti, in genere individui o entità che desiderano scambiare bitcoin con altri sulla rete, non richiedono l’aiuto di intermediari per eseguire e convalidare le transazioni, senza l’intervento di una banca centrale. Gli utenti possono scegliere di connettere il proprio computer direttamente a questa rete e scaricare il suo libro mastro pubblico in cui sono registrate tutte le transazioni storiche di bitcoin.
Questo registro pubblico utilizza una tecnologia nota come “blockchain”, che consente di verificare, archiviare e ordinare le transazioni di criptovaluta in modo immutabile e trasparente.
Per garantire la sicurezza della filiera, la quantità di operazioni di mining mediamente necessarie a chiudere con successo un singolo blocco è estremamente elevata da richiedere grandi quantità di risorse in termini di energia elettrica. Da qui il dibattito sull’impatto ambientale su cui, nel frattempo, si concentrano le parti interessate, compresi i consumatori, le autorità di regolamentazione e gli investitori orientati verso zero emissioni.
Il report di KPMG ha rilevato che Bitcoin sembra fornire una serie di vantaggi nel quadro ESG: