(Adnkronos) – La stagione della nidificazione della Caretta caretta non è ancora finita ma sono già stati superati tutti i numeri delle precedenti annate. Sono attualmente 293 i nidi ritrovati e messi in sicurezza lungo le spiagge italiane: è il record di sempre ed è un numero destinato ad aumentare nelle prossime settimane. I volontari di Legambiente e di altre organizzazioni, impegnati nelle attività di monitoraggio e sorveglianza dei nidi nell’ambito del progetto europeo Life Turtlenest, continuano a segnalare di giorno in giorno tracce di risalita di mamma tartaruga sugli arenili italiani.
In testa alla classifica delle regioni italiane con più nidi di tartarughe marine c’è la Sicilia con ben 105 nidi, seguita da Calabria (86) e da Campania (43). Nel Sud Italia il monitoraggio delle coste ha portato a scoprire 24 nidi in Puglia e 2 in Basilicata mentre la Sardegna si attesta a quota 8 nidi. Il Centro-Nord del Paese sta restituendo dei numeri alti rispetto alle scorse stagioni: un aumento dei nidi è stato registrato in Toscana con 12 nidi, nel Lazio a quota 11, Abruzzo (1) ed Emilia-Romagna (1). Un vero e proprio boom di uova deposte che oltre all’Italia coinvolge anche le coste di Francia e Spagna: lungo la Costa Azzurra, la Provenza e la regione Occitania sono stati segnalati 7 nidi mentre sul litorale spagnolo, in particolare l’area di Valencia, Maiorca e l’isola di Ibiza, dove il record massimo di nidi era fermo a quota 11, per ora sono già stati totalizzati 22 nidi. Per rendere l’idea, nelle stesse aree spagnole l’anno scorso erano stati ritrovati due nidi di Caretta caretta mentre in Francia solo uno.
L’elaborazione di Legambiente sui dati di Tartapedia.it, che accoglie le segnalazioni di associazioni impegnate sul territorio, fa emergere subito che il numero di nidi rispetto alla stagione 2022 è al momento raddoppiato: a nidificazioni ancora in corso è stata toccata quota 293 nidi mentre l’anno scorso il conteggio si era fermato a circa 146.
CLIMA – Il cambiamento climatico e il surriscaldamento delle acque stanno, infatti, spostando sempre di più l’areale delle tartarughe marine verso il Mediterraneo Occidentale. “Il numero di nidi censiti quest’anno conferma il trend positivo della nidificazione della tartaruga marina nel Mediterraneo occidentale – spiega Sandra Hochschied, ricercatrice Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e responsabile scientifico del progetto Life Turtlenest – dopo un leggero rallentamento registrato lo scorso anno che ha interessato tutto il Mediterraneo, questa estate è ripresa decisa la corsa delle tartarughe marine verso latitudini più settentrionali spinta dal cambiamento climatico che ha causato un significativo aumento della temperatura rendendo adatti alla deposizione ambienti che solo qualche anno fa erano troppo freddi per questi splendidi rettili”.
MISURE DI CONSERVAZIONE – Il patrimonio di biodiversità del mar Mediterraneo sarà arricchito ulteriormente nelle prossime settimane quando avverrà la schiusa dei nidi e la corsa verso il mare di un vero e proprio esercito di baby tartarughe. Grande merito va alla costanza e all’impegno di centinaia di volontari impegnati nella sorveglianza dei litorali italiani. “E’ necessario garantire a questa specie protetta sempre più presente nel Mediterraneo occidentale adeguate misure di conservazione – dichiara Stefano Di Marco, Project Manager del progetto europeo Life Turtlenest coordinato da Legambiente – Per questo il progetto prevede una serie di azioni integrate che vanno dall’informazione alla sensibilizzazione delle comunità locali e degli operatori balneari, fino alla definizione di misure di salvaguardia attraverso l’estensione dei siti Natura 2000 già esistenti e/o l’istituzione di nuovi siti laddove la nidificazione della Caretta caretta può considerarsi ricorrente”.
“Il coinvolgimento dei comuni sarà di fondamentale in questa operazione – prosegue Di Marco – le amministrazioni locali possono infatti fare molto per disincentivare l’uso dei mezzi meccanici per la pulizia delle spiagge, disciplinare i ripascimenti delle spiagge e limitare l’inquinamento acustico e luminoso che rappresentano una minaccia sia durante le fasi di deposizione che di schiusa”.