Nell’era delle tecnologia, quando la scienza ha a disposizione i migliori sistemi hitech per il monitoraggio dell’inquinamento, le migliori sentinelle dell’ambiente sono gli animali. Sì, proprio gli esseri viventi, attraverso l’osservazione del loro comportamenti, possono darci le informazioni più attendibili sulla qualità dell’aria, dell’acqua o della terra che ci circonda.
Api sentinelle dell’ambiente
In primis, le api: sono numerosi in Italia i progetti di apicoltura urbana, come quelli promossi da Green Island/Alveari Urbani in vari parchi di Milano, ma il fenomeno è diffuso dall’Alto Adige all’Umbria, dall’Emilia Romagna al Lazio. Una rete di alveari installati sui balconi o sui tetti delle case, all’esterno degli stabilimenti aziendali o negli spazi verdi cittadini. Un modo per contribuire al monitoraggio della qualità dell’aria basato sull’osservazione del comportamento e del lavoro delle api.
A Terni alveari in acciaieria
Persino alla Acciai speciali Terni, storica azienda siderurgica italiana, nel 2021 sono stati installati due apiari da 10 alveari ciascuno, con colonie di api italiane autoctone (Apis mellifera ligustica), in collaborazione con il Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università di Perugia. Si tratta della specie più indicata per perlustrare il territorio circostante, reperire dall’ambiente eventuali inquinanti e individuare così le aree sensibili per lo sviluppo di una rete di monitoraggio. Analizzando il miele prodotto è possibile stabilire le quantità di metalli pesanti presenti nell’atmosfera delle città. Piombo, nichel, cadmio sono assorbiti dal metabolismo dell'”Apis Mellifera” selezionate per individuare i livelli massimi metalli nell’atmosfera, trasformando così i piccoli insetti in dei veri e propri bio-indicatori.
Cozze sentinelle dell’ambiente
Poi ci sono le cozze, in particolare quelle del Lago d’Orta, il cui nome tecnico è Unio elongatulus, che sono appena diventare sentinella dell’ambiente nell’ambito di “RisOrta”, attività ambientale di biomonitoraggio attivo e risanamento dei sedimenti. L’iniziativa, che rientra nel più ampio progetto Ecolago, prevede il posizionamento di questi molluschi in alcune aree litorali.
Il Lago d’Orta, a lungo inquinato dagli scarichi industriali, è stato ripristinato ecologicamente alla fine degli anni ‘80 mediante l’operazione di “liming”, un’imponente bonifica con carbonati di calcio che ha riequilibrato l’acidificazione delle acque: oggi presenta sedimenti inquinati da metalli pesanti ma acque purificate. Quelle più superficiali sono però naturalmente esposte nella zona litorale al rischio potenziale di rilascio di inquinanti, a causa di una serie di agenti esterni (moto ondoso, ruscellamento e accesso dei bagnanti).
Biomonitoraggio con molluschi dotati di microchip
RisOrta prevede l’uso delle cozze d’acqua dolce come biosentinelle di allarme, grazie alle loro riconosciute qualità filtranti e di sensibilità agli agenti esterni, per creare una rete di monitoraggio e per effettuare un risanamento localizzato delle zone costiere. Una soluzione sostenibile anche dal punto economico e altamente tecnologica, perché i moluschi saranno provvisti di sensori, che consentono di misurare in tempo reale le loro risposte alle condizioni ambientali. I dati sul comportamento delle cozze verranno inviati digitalmente al CNR per monitorare in continuo le condizioni dell’ambiente e rilevare immediatamente eventuali anomalie o immissioni di sostanze inquinanti.
Promosso da Ecomuseo del Lago d’Orta e Mottarone e gestito da Irsa Cnr di Verbania Pallanza, il progetto RisOrta è supportato da FAI e Intesa Sanpaolo nell’ambito del progetto “I Luoghi del Cuore”. Tra i partner il Comune di Orta San Giulio è co-finanziatore del progetto, mentre Fantini Rubinetti e Fondazione Comunità Novarese onlus hanno partecipato per l’erogazione di una borsa di ricerca.
Cani e gatti sentinelle dell’ambiente
Ma anche gli animali domestici possono essere preziose sentinelle dell’ambiente: secondo una ricerca americana pubblicata su Environmental Science & Technology i cani potrebbero dare l’allarme con un largo margine di anticipo, quando l’esposizione alle sostanze chimiche disperse nell’ambiente sta per raggiungere livelli dannosi, nel tempo, per la nostra salute. I ricercatori della North Carolina State University e della Nicholas School of the Environment della Duke University hanno applicato a 30 cani e ai loro 30 proprietari rispettivamente un collare e un braccialetto in silicone, materiale in grado di raccogliere una grande quantità di composti chimici, che si trovano nell’aria e si ritrovano sulla cute, nel sangue e nelle urine di chi li indossa. Si è scoperto che per cani e umani l’esposizione a queste sostanze è simile, ma diverse sono le tempistiche degli effetti sulla salute: in uno o due anni in un cane possono manifestarsi effetti che potrebbero richiedere decenni per emergere nell’uomo. Come dire, gli animali si ammalano prima di noi e questo potrebbe dare l’opportunità a chi si occupa di salute umana di mitigare l’esposizione alle sostanze nocive per entrambe le specie. Insomma, i cani sono una potente sentinella biologica per le malattie umane.
Lo stesso discorso vale per i gatti che, grazie a uno studio pilota dell’Università di Washington, sono stati identificati come attendibili indicatori biologici dell’inquinamento da metalli pesanti, piombo in particolare. “Il nostro studio – si legge nell’articolo pubblicato su Environmental Science and Pollution Research – ha analizzato la concentrazione di piombo nel pelo di 85 gatti domestici riferiti al veterinario per interventi di sterilizzazione/castrazione. La concentrazione rilevata era pari a 0.723 μg di piombo per grammo di pelo, con valori più elevati per le femmine e gli animali in cattive condizioni fisiche e/o libero accesso all’esterno”. Ancora una volta, dunque, gli animali potrebbero offrici un sistema di sorveglianza sanitaria non invasiva contro l’inquinamento ambientale.