È a tutti gli effetti un monopolio. Un monopolio che per anni ha generato miliardi grazie a un sistema che ora sembra destinato a tramontare. Parliamo dell’App Store di Apple, aperto nel 2008 per vendere app da installare sugli iPhone e diventato un impero da 72 miliardi di dollari (nel 2020).
Dalla Corea all’Unione europea: tutti i problemi dello Store
Una cuccagna che sta però finendo. Unione europea, Stati Uniti d’America, Corea del Sud: sono solo alcuni dei Paesi in cui governi o enti regolatori hanno redarguito Apple. E richiesto modifiche radicali e veloci al suo App Store. Il problema riguarda ovviamente anche Google, che con il suo Play Store per l’ecosistema Android naviga in acque simili. Ma vediamo quali sono le novità del settore.
Volendo riassumerla, si tratta di una questione di monopolio. I sviluppatori di app infatti devono per forza passare per Apple e Google per vendere i loro servizi agli utenti. E le due aziende si fanno pagare caro, visto che per anni hanno richiesto il 30% di quanto pagato dall’utente. Una tassa che ha reso la creazione di business indipendenti nell’App Store di fatto impossibile, specie per i player più piccoli.
La “tassa” di Apple per i sviluppatori
Pensate a un app che vende un abbonamento a una rivista, o un corso di meditazione o ginnastica da casa. Ogni mese l’utente paga la sua quota senza sapere che quasi un terzo va a Cupertino o Mountain View. Senza scelta. Senza che Google e Apple abbiano fatto granché per meritarselo.
Le cose stanno però cambiando. E in fretta. Perché se l’Unione europea ha cominciato a minacciare questo status quo nel corso dell’estate, il governo coreano è già passato all’azione a inizio mese. Il parlamento di Seul ha votato a inizio mese una modifica al suo Telecomunications Business Act, grazie alla quale gli sviluppatori potranno finalmente indirizzare i propri utenti e clienti verso altri metodi di pagamento. Negli stessi giorni, la stessa cosa è successa in Giappone, aprendo un’altra breccia profonda sul business di questi store.
Apple e Google corrono ai ripari
Questa è solo la punta dell’iceberg fatto da cause legali e problemi di Antitrust che Google e Apple hanno in tutto il mondo. Per questo, forse, nei mesi successivi hanno provato a salvarsi: Google ha dimezzato le commissioni per il suo Play al 15% (entro il primo milioni di dollari per ciascun anno), e Apple ha attuato un piano simile. Basterà? Molto probabilmente no: come ha spiegato Protocol, le due aziende stanno “solo ritardando ciò che è inevitabile”, ovvero la riforme di questi negozi.
La posizione di questi store rischia di essere indifendibile, e di trasformarsi in una gara giudiziaria, oltre che pecuniaria. Multe e richiami che non fanno che attirare sempre più le attenzioni dell’Antitrust, anche negli Usa, dove l’amministrazione Biden ha un approccio più critico nei confronti della Big Tech.
Insomma, sono gli ultimi giorni dell’App Store per come l’abbiamo conosciuto. Non perché sia destinato a scomparire ma perché il suo dominio assoluto è ormai troppo scomodo per Apple e Google stesse.