Immaginate di avere comprato 7002 Bitcoin agli albori della criptovaluta e di averla osservata volare verso la stratosfera fino a superare i 30mila dollari a “pezzo”. Immaginate di aver protetto quella proprietà con una password che oggi non riuscite a ricordare. Ancora peggio: il sistema di sicurezza del wallet digitale – il portafoglio dei bitcoin – tollera dieci tentativi errati, per poi bloccarsi per sempre. Infine, immaginate che ve ne rimangano due. Il vostro patrimonio personale è – almeno potenzialmente – di circa 200 milioni di dollari. Dovete solo ricordare quella maledetta password. Non servono grandi sforzi per immaginare una situazione così kafkiana, perché questa è la realtà di Stefan Thomas, un ingegnere di San Francisco che nel 2012 ha cominciato a lavorare per Ripple, una startup del settore crypto, dove è nato il suo interessamento per questo ambiente, portandolo all’inevitabile investimento, fatto quando ancora un prezioso gettone digitale valeva una sessantina di dollari. È una storia assurda, quella raccontata dal New York Times, ma non è l’unica: sono molte le persone che hanno perso l’accesso al loro wallet – o che l’hanno trovato misteriosamente vuoto dopo qualche cyberfurto. C’è anche chi ha investito una piccola somma comprando centinaia di Bitcoin nei primissimi mesi della moneta, per poi spenderli senza pensarci troppo, come quel tale che nel maggio del 2010 ha “investito” diecimila Bitcoin (all’epoca valevano 0,003 ciascuno) per una pizza da Papa John’s, passando alla storia per aver bruciato più di duecento milioni di dollari per una diavola. Oppure quel tipo gallese che buttò via l’hard disk che conteneva il suo tesoretto digitale, e da allora cerca di ritrovarlo nella discarica in cui dovrebbe ancora oggi riposare. Se proprio dovete fare questo investimento, quindi, mi raccomando: scegliete una password sicura e non condifate troppo nella vostra memoria.