Il termine ultimo è ormai vicino: entro il 2025, secondo il governo Draghi, dovranno chiudere tutte le centrali a carbone del nostro Paese. L’obiettivo, previsto dal Piano nazionale per l’energia e clima (Pniec), è ambizioso e doveroso, ma presenta due problemi. Innanzitutto, rischia di saltare per intoppi burocratici; in secondo luogo, l’alternativa al carbone prevista non è poi così “pulita”.
L’addio al carbone
Andiamo per ordine. Al momento, gli impianti che generano energia elettrica con il carbone in Italia sono diffusi in tutta la penisola, da Fusina (Ve) a La Spezia, da Civitavecchia a Brindisi, e ben due in Sardegna. Strutture che vanno chiuse o convertite ad altre fonti energetiche. Per mantenere però l’approvvigionamento energetico in tutto il Paese, Enel ha intenzione di costruire impianti a gas, da usare fino a quando l’energia solare o eolica non aumenterà di capacità.
Il punto è che la costruzione (o conversione) delle centrali a gas va a rilento. Lungaggini burocratici ma anche difficoltà nella costruzione. Enel, intanto, ha partecipato all’asta di Terna per il capacita market, grazie alla quale dovrà fornire energia anche all’altro player italiano. Come? Usando quegli stessi impianti a gas che devono ancora essere costruiti.
E il solare?
Tra ritardi e nuove necessità, la chiusura degli impianti a carbone nel 2025 sembra davvero proibitiva. Quanto alla spinta su nuovi impianti eolici o a energia solare, potrebbe aiutare, ma anche in questo caso la burocrazia ci farebbero ritardare oltre l’anno prestabilito.
Gas e CO2
Al di là di tutti questi fattori di ritardo, rimane l’errore di fondo: sostituire il carbone al gas. Secondo il think-tank indipendente Carbon Tracker, infatti, questi nuovi impianti a gas produrrebbero circa 18 milioni di tonnellate di Co2 (il 6% dei gas serra prodotti dall’Italia complessivamente nel 2019). Il tutto mentre il costo dell’energia rinnovabile continua a diminuire, rendendo le fonti green sempre più convenienti.
Il governo, sostiene Carbon Tracker, dovrebbe fissare criteri fissi e uguali per tutte le fonti d’energia, in modo che quelle pulite e quelle sporche possano giocare ad armi pari. E visto l’andamento del mercato, a quel punto, sarebbero le prime a vincere, soprattutto sul piano dei costi.