Il caldo in aumento impatta sui vigneti di tutto il mondo, mettendo a dura prova la vendemmia. La produzione di vino è a rischio: come risolvere? Ogni Paese cerca una ricetta per fronteggiare il problema e una speranza in questa direzione arriva dal recupero dei vitigni dimenticati, che in passato sono stati abbandonati perché inadatti.
Come è nata l’idea di recuperare antichi vitigni
La sfida in Spagna è stata lanciata dalla cantina Familia Torres, vicino a Barcellona, con un progetto che parte da lontano, all’inizio più che altro per curiosità. Negli Anni Ottanta questa famiglia di viticoltori da cinque generazioni ha cominciato a inserire nelle pagine dei giornali locali di tutta la Catalogna dei piccoli annunci rivolti agli altri viticoltori: “Se sapete dove trovare varietà d’uva non comuni, contattateci”, si leggeva. Nel tempo, come racconta il Guardian, sono arrivate decine di suggerimenti, che hanno guidato i Torres nella ricerca di uve da vino da tempo dimenticate.
Ma solo un decennio più tardi, quando la crisi climatica ha iniziato a distruggere le viti, si è capito che l’incursione nel passato avrebbe potuto svolgere un ruolo chiave nell’affrontare il futuro. “All’inizio volevamo semplicemente recuperare l’eredità lasciataci dai nostri antenati e preservare il patrimonio enologico locale”, ha detto Miguel A. Torres, attuale presidente della cantina. “Poi ci siamo resi conto che alcune di queste varietà hanno tempi di maturazione più lunghi, il che significa che potrebbero aiutarci in un mondo che si sta riscaldando”.
Gli effetti del climate change sull’industria vinicola
Un’importante speranza per l’industria vinicola mondiale, alle prese con un clima in continuo cambiamento. Il tempo estremo, la siccità e il costante aumento delle temperature hanno messo a nudo quanto questa coltura sia estremamente sensibile ai cambiamenti climatici. In Spagna, come in Italia, l’aumento delle temperature comporta una maturazione più rapida dell’uva, facendo sì che i viticoltori si affrettino a vendemmiare nella speranza di proteggere l’equilibrio accuratamente costruito tra gli zuccheri e l’acidità del frutto.
“Il cambiamento climatico è la peggiore minaccia che il settore abbia mai affrontato”, ha aggiunto Torres. “Nel XIX secolo c’è stata la peste della fillossera, che ha spazzato via i vigneti in tutta Europa, ma il climate change è molto peggio”.
In quarant’anni Familia Torres ha riscoperto più di 50 varietà perdute e ha impegnato ingenti risorse per riportarle in auge, concentrandosi su quelle che presentano il maggiore potenziale enologico e la capacità di adattarsi alle nuove condizioni climatiche determinate dal riscaldamento globale. Per esempio, nell’estate 2022 è stato presentato Pirene 2020, un vino sperimentale a produzione molto limitata, prodotto interamente con l’omonima varietà rossa coltivata nel vigneto di Sant Miquel de Tremp, ai piedi dei Pirenei, e pensato per ristoranti di alto livello.
In tutto il mondo il recupero di antichi vitigni
Anche in altri Paesi del mondo si lavora al recupero delle varietà ancestrali: in California i viticoltori stanno valorizzando uve come il mourtaou, una varietà quasi estinta della Francia sud-occidentale e anche nella regione francese del Cognac stanno rovesciando più di un secolo di tradizione per sperimentare uve resistenti al clima. A Bordeaux le preoccupazioni per la crisi climatica hanno recentemente contribuito all’approvazione di sei nuove varietà, tra cui il castet, una varietà resistente alle malattie che era stata sull’orlo della scomparsa.
Le ragioni per cui queste uve in passato sono cadute in disuso variano molto, come ha spiegato José Miguel Martínez Zapater, direttore dell’Istituto di Scienze della Vite e del Vino di La Rioja, che ha contribuito ad aumentare del 50% il numero di varietà registrate in Spagna negli ultimi due decenni. Alcune furono abbandonate alla fine del XIX secolo, quando la fillossera costrinse i viticoltori europei a inseguire l’efficienza, mentre altre furono scartate quando i viticoltori cercarono di conformarsi a denominazioni rigorosamente definite o alle preferenze dei consumatori per determinate uve.
In Spagna – patria di un’industria vinicola da 5 miliardi di euro l’anno, la cui produzione ha superato quella di tutti gli altri Paesi dell’UE nel 2021 – la posta in gioco è alta: l’anno scorso il Paese ha vissuto l’anno più caldo da quando sono iniziate le registrazioni e dal 2015 il Paese ha attraversato quattro degli anni più caldi mai registrati.
Anche presso l’Istituto Agrario Tecnologico di Castilla y Leon (ITACyL) due decenni di ricerca hanno portato al recupero di più di una dozzina di varietà di uve, tra cui l’estaladiña, la cui ultima menzione risale al 1914, e la cenicienta, riportata in vita per produrre rossi fruttati.
“I vini che producono sono molto interessanti”, ha dichiarato José Antonio Rubio Cano, che dirige il dipartimento di viticoltura e colture legnose dell’istituto. “Sono sorprendenti e diversi da qualsiasi altro vino esistente”.