Cocainorso, film di Elizabeth Banks ora nelle sale italiane, racconta di un plantigrado che si ritrova coinvolto – suo malgrado – in un’operazione di contrabbando di droga. La pellicola si rifà a fatti realmente avvenuti nel 1985 in Kentucky, dove un trafficante si schiantò al suolo per un lancio con il paracadute andato storto: quaranta pacchi di cocaina precipitarono all’improvviso nell’habitat dell’orso, che morì di overdose.
Droga ed animali si intrecciano anche nella storia assolutamente reale degli ippopotami di Pablo Escobar, che negli anni ’70 era a capo del cartello di Medellín, una delle imprese criminali più redditizie e formidabili del pianeta. Il famigerato boss colombiano venne ucciso nella sparatoria scoppiata quando le forze dell’ordine tentarono di arrestarlo nel 1993: il suo regno decennale finì, ma il segno che lasciò nel Paese è evidente ancora oggi, anche nei modi più impensati.
L’eredità di Escobar: gli “ippopotami della cocaina”
Per esempio, i discendenti dei quattro “ippopotami della cocaina” che il potente trafficante teneva in cattività all’Hacienda Nápoles, l’enorme complesso da lui costruito che ospitava uno zoo, un aeroporto privato e una pista automobilistica.
A differenza degli altri animali, ricollocati nei parchi zoologici, dopo la morte di Escobar gli ippopotami furono “reintrodotti” in natura, anche se all’epoca non c’erano altri ippopotami in Sud America. Da allora hanno cominciato a riprodursi a un ritmo impressionante, scatenando una piccola crisi ambientale. A causa delle loro dimensioni, distruggono le sponde dei corsi d’acqua, mentre i loro escrementi hanno notevolmente aumentato la quantità di nutrienti in diversi laghi colombiani, contribuendo alla proliferazione di alghe e batteri tossici che soffocano le specie acquatiche endemiche.
Quanti sono gli ippopotami di Pablo Escobar
I funzionari della fauna selvatica stimano che attualmente circa 150 ippopotami vaghino per il paese, un numero che potrebbe potenzialmente salire a 1.400 entro il 2039 se le autorità non saranno in grado di tenere sotto controllo la popolazione a quattro zampe. La presenza di questi animali è pericolosa anche per l’uomo, perché può causare incidenti stradali.
A casa di El Chapo
Da tempo si cerca una soluzione per frenare la proliferazione di questa comunità e proprio nei giorni scorsi un aiuto è arrivato dal Messico, come racconta El Pais. Ostok Sanctuary, rifugio per animali e centro di soccorso situato a Sinaloa, proprio lo stato dove “El Chapo” gestiva un proprio impero criminale, ha preso in custodia 10 ippopotami, che sono stati trasportati in aereo grazie a Ernesto Zazueta, un ambientalista che ha sborsato $ 450.000 per facilitarne il trasferimento.
Zazueta dice di aver trovato anche un altro centro in India, disposto ad accettare 60 membri della “banda”. L’obiettivo finale è comunque quello di spedire gli animali in Africa in modo che possano trascorrere il resto dei loro giorni nelle vicinanze del fiume Nilo.