Il 2050 è dietro l’angolo. Certo, mancano ancora 29 anni, a dire il vero, che non sono pochi. Ma rischiano di passare in un baleno, specie dal punto di vista dell’ambiente.
Come raggiungere il Net zero entro il 2050?
Una data importante, il 2050. Come sappiamo, Stati Uniti e Unione europea si sono impegnati in una sfida madornale quanto necessaria: diventare climate-neutral entro proprio quell’anno. “Net Zero”, la chiamano, ed è la prospettiva con cui un’azienda (o un paese, in questo caso) arriva ad azzerare le proprie emissioni di carbonio. Come? Attraverso un processo graduale, per quanto continuo, che non mira necessariamente alla scomparsa totale delle emissioni.
L’obiettivo, infatti, è arrivare a zero compensando le emissioni provocate con una quantità equivalenti di emissioni “evitate” (offset emissions: ad esempio, piantando alberi). Oppure comprando “crediti di compensazione”, pagando di fatto una tassa per la quantità di CO2 emessa (carbon offset credits).
Net zero: Perché proprio il 2050?
Un percorso forzato per un obiettivo finale che potrebbe però non bastare. Per capire perché, partiamo dalla scelta dell’anno 2050 come punto di riferimento. Da dove viene? Come scrive Fast Company, fu scelto sulla base di alcuni calcoli legati all’Accordo di Parigi per il clima siglato nel 2015. Questo prevedeva che le nazioni firmatarie si impegnassero a limitare l’aumento delle temperature globali entro i +2°. Anzi, preferibilmente +1,5°. Quello dei due gradi centigradi sarebbe infatti il punto di non ritorno, oltre il quale il clima è del tutto compromesso.
Ma è solo un numero. Una soglia arbitraria, simbolica se vogliamo. La realtà è che già la barriera del grado e mezzo, ritenuta “migliore”, comporta enormi rischi. Ad esempio, già negli ultimi anni abbiamo visto i primi, catastrofici effetti del riscaldamento globale. E siamo ancora al di sotto sotto a quelle soglie. Ciò significa che questi impegni potrebbero non bastare. E che anche la data “2050”, figlia di quei calcoli, è fin troppo ottimistica.
La prova? Secondo l’ultimo report del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) dello scorso agosto, il nostro “budget del carbonio”, ovvero quanta CO2 possiamo emettere globalmente prima di superare quota +1,5°, è di 400 miliardi di tonnellate. Il mondo, ad oggi, ne emette 42 miliardi ogni anno. Se questi calcoli sono corretti (NB: hanno il 66% di possibilità di esserlo), in dieci anni potremmo consumarli tutti.
Net zero, i piani più ambiziosi per l’emergenza, da Biden all’Ue
Serve un miracolo. O meglio, è necessario cambiare radicalmente il nostro rapporto con i combustibili fossili, un processo inevitabile che però impiega molto tempo, tra interessi enormi da tutti i fronti. La scorsa settimana il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato un piano tra USA e UE per “ridurre le emissioni di metano, tra i gas serra più potenti, di quasi il 30%”. Entro la fine del decennio.
Con lui anche il primo ministro britannico Boris Johnson, il presidente sudcoreano Moon Jae-in e la presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen. A lanciare l’allarme è stato però il Segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres: “Il mondo è nella strada catastrofica dell’aumento della temperatura di 2,7°”. Altro che due o uno e mezzo, quindi.
Il 2050 è lontano, ma è anche dopodomani, per il nostro pianeta. La verità è che gli anni o i gradi non rappresentano nulla di concreto e la sfida cambia di continuo.