Un miliardo di dollari per i creators. È quanto ha stanziato Facebook per riconquistare influencer, scrittori e affini, riportandoli nel social network. La mossa è parte di una strategia più ampia, a quanto pare voluta da Mark Zuckerberg in persona, che include podcast, newsletter e altri strumenti per creator.
Facebook cerca di recuperare influencer
A ben guardare, si tratta di una suite di servizi pensati per chi amministra pagine Facebook, pubblica contenuti, monetizza e gestisce community. Nulla di rivoluzionario ma tutte cose su cui il social network era piuttosto in ritardo rispetto alla concorrenza.
Pochi giorni fa Facebook ha presentato Bulletin, “una piattaforma per scrittori indipendenti”, un clone di servizi come Clubhouse e Substack. Il servizio è in beta privata, con pochissimi selezionati che potranno iniziare a usarlo, tra cui l’autore Malcom Gladwell. Il piano miliardario per creators segue una logica simile: solo su invito e riservatissimo.
Il precedente del “Pivot to video”
Il problema con le aziende tanto grandi è però quanto iniziative simili siano in grado di avere ripercussioni su tutto il sistema. Da qui alla fine del 2022, quindi, potremmo vedere personalità e creators migrare su Facebook, di sicuro sospinti anche da un algoritmo favorevole nei loro confronti. Occhio però a credere ciecamente alle mosse del social network: l’ultima volta non è andata così bene.
Il riferimento che molti fanno in queste ore è quello al “pivot to video” avvenuto dal 2015 al 2018. All’epoca Facebook decise che “il futuro è il video” e spinse giornali, riviste e pagine varie a puntarci. Come in questo caso, c’erano fondi per incentivare il cambiamento e la tentazione di un algoritmo amico. La premessa dell’operazione? Gli utenti non volevano più leggere, meglio il video!
Così, decine di redazioni negli USA fecero la scelta di seguire Zuckerberg, licenziando centinaia di giornalisti e redattori, in favore di video-maker. Ve li ricordate quei video con i sottotitoli che in pratica riassumevano (male) articoli scritti qualche anno prima? Ecco, era quel periodo.
Non solo Facebook: guerra tra piattaforme per i content creators
Da allora Facebook ha cambiato idea, ha spostato l’attenzione su Facebook Watch, un servizio di video virali, e ha smesso di collaborare in questo senso con i media. I quali hanno lasciato a casa dipendenti e collaboratori, e si sono dovuti rilanciare sul social network. Alla luce di questo, vale quindi la pena di chiederselo: a cosa dobbiamo l’interesse dell’azienda per i creators?
Le grandi piattaforme sono in guerra per aggiudicarsi i creators migliori, proponendo strumenti con cui possono gestire le proprie community e monetizzare il proprio lavoro. È il caso di Instagram ma anche di Twitter, stanno lanciando prodotti per fan disposti a pagare per influencer e simili. È una trasformazione profonda per il mondo dei social, che da sempre affida a sponsorizzate e a metodi poco trasparenti l’aspetto economico dei propri utenti. I quali, finalmente, vengono ascoltati. Ma anche sedotti e pagati da piattaforme che si sono già dimostrate poco affidabili in passato. Creators, siete avvertiti.