Di solito non associamo le istanze ambientaliste alla Russia, grande esportatore di gas e petrolio. Eppure, tra i suoi infiniti confini, il paese ospita il 20% delle foreste di tutto il mondo. Si trovano perlopiù nel “lontano est”, un’area grande il doppio dell’India e completamente coperta di alberi – oltre che di ghiaccio. Ebbene, questa distesa verde e incontaminata fa sempre più gola a Mosca, ma la deforestazione non c’entra.
L’obiettivo de governo è di “monetizzare” l’enorme area sfruttando il nascente business della cattura della CO2. Come già raccontato da True News, infatti, sempre più aziende decidono di investire nella semina di nuovi alberi per poter ottenere “crediti verdi” con cui compensare l’inquinamento prodotto dalle loro attività. Da una parte producono CO2, insomma, dall’altra pagano per nuovi alberi in grado di “catturarla”.
Ovviamente la conservazione di queste aree è essenziale per l’ambiente ma va sottolineato come questa attenzione per il verde sia in realtà figlia di una nuova corsa all’oro. A cui la Russia vuole partecipare.
Secondo il governo russo, le sue foreste hanno assorbito 620 milioni di tonnellate di Co2 nel 2018, “abbastanza da compensare il 38% delle emissioni nazionali”. E allora perché non allargare questo privilegio a tutti? Non a gratis, ovvio.
La presunta svolta ambientalista della Russia non ha convinto in molti. Il paese rimane poco trasparente su questi temi – per usare un eufemismo – e ha aspettato il 2015 per ratificare l’Accordo di Parigi, con cui i paesi del mondo hanno confermato alcuni (timidi) tagli alle emissioni nel futuro. Più che una conversione sulla via di Damasco, quello del gigante russo è un cinico tentativo di posizionarsi come player globale in un settore energetico in crescita, monetizzando un’area remota e poco sfruttata.
Insomma, non fatevi ingannare: Putin non è diventato all’improvviso Greta Thunberg.
(Foto: Wikimedia)