Sembrerebbe un annuncio rivoluzionario. La notizia, riportata dal Wall Street Journal, parla di come Google abbia deciso che il suo browser Chrome non traccerà più i suoi utenti per poi vendergli la pubblicità. Ma come, non è proprio così che Google fa i soldi?
La scelta fa parte di una più vasta e nuova policy aziendale che dovrebbe, entro il 2022, portare l’azienda a non usare più i cookies di terze parti (quelli che fanno comparire un banner su un certo prodotto, tipo un condizionatore, dopo che avete visitato un sito di un produttore di condizionatori, ad esempio). Una scelta drastica che riguarda la privacy degli utenti e mira a proteggere la fiducia tra il pubblico e l’azienda, specie dopo i molti scandali degli ultimi anni che hanno colpito Google, Facebook e altri giganti del web.
“Le persone – ha spiegato David Temkin, che per Google si occupa di questi temi – non dovrebbero accettare di essere tracciate per web in cambio dei benefici di una pubblicità più pertinente. E gli inserzionisti non hanno bisogno di tracciare i consumatori uno a uno per poter sfruttare la pubblicità online”. Tutto molto bello, ma che farà al posto del solito tracking? Esiste un’alternativa?
Tra le soluzioni sperimentate da Google ci sono i Federated Learning of Cohorts (FLoC), gruppi di qualche migliaio di persone dagli interessi in comune, che vengono amministrati e creati usando il machine learning, e ai quali sono sottoposte pubblicità simili. Sulla base di cosa? Be’, dei dati raccolti da Google, ovvio; solo che il focus, d’ora in poi, non sarà sul singolo ma su gruppi sociali e culturali affini.
Il nuovo corso non varrà per tutti, però: ad esempio non sarà valido per gli utenti Android, il sistema operativo di Google, che continueranno a essere “inseguiti” nei loro comportamenti. Ciò nonostante questo cambiamento rimane una svolta notevole, vista la fetta di mercato controllata dal browser Chrome (60%) e il fatto che Google rappresenta circa la metà del mercato pubblicitario digitale.