Le criptovalute e l’evasione fiscale. È un rapporto duraturo, quello tra il “sommerso” e i Bitcoin. Intracciabili (più o meno) e tuttora esistenti in un limbo legale-politico, ecco che mafie e criminali di tutto il mondo hanno imparato ad amare il crypto.
La politica sempre più preoccupata dai Bitcoin
Ciò ovviamente non vuol dire che tutti i possessori di criptovalute siano criminali, sia chiaro. Ma il legame è abbastanza chiaro e profondo da preoccupare la politica. Persino quella statunitense, dove frange di destra sembrano aver abbracciato i Bitcoin et similia, soprattutto in funzione anti-cinese, come raccontato da True News.
Secondo fonti piuttosto informate, infatti, il grande piano bipartisan per le infrastrutture a cui l’amministrazione Biden sta lavorando nasconderebbe una sorpresina per il settore. Un bell’aumento di tasse – e l’imposizione di nuove regole – per chi opera in criptovalute.
La sorpresina anti-crypto del “deal” bipartisan
Il motivo di questa mossa è chiaro: il progetto infrastrutturale costerà in totale 550 miliardi di dollari. Un’enormità che in qualche modo il governo dovrà pagare. Come? Anche alzando le tasse. E, perché no, portando le tasse in un mondo che finora sembra (sembrava?) esserne immune o quasi.
Secondo Politico, infatti, il piano prevederebbe di trattare Bitcoin e “altri asset digitali” con le stesse leggi che sono previste per gli altri tipi di investimenti, come quelli in borsa. Ciascun “broker”, poi, sarà tenuto a dichiarare quanti soldi sono stati spesi in criptovalute.
E qui veniamo a uno dei punti caldi della questione: la ridefinizione del termine broker, per farlo includere anche chi opera nel mining e nella distribuzione di criptovalute. Apriti cielo. Secondo alcuni esponenti questa semplice azione renderebbe interi sistemi crypto “inutilizzabili”, con conseguenze che paiono nefaste.
La lobby crypto “dentro” Washington
Comunque sia, è bastato l’annuncio a scatenare il panico in tutti gli Stati Uniti, e non solo. Perché è chiaro che una legislazione di questo tipo da parte degli USA avrebbe grande influenza globale, e spingerebbe altri Paesi (e l’Ue) a concretizzare i passi fatti nel regolare il settore. Sarebbe insomma l’inizio della fine del Far West su blockchain.
Le criptovalute hanno però buoni amici dentro la Capitale. Non dimentichiamoci che i Bitcoin sono da sempre amati dai “libertariani”, molto rappresentati da un’area del Partito Repubblicano (e non solo). Due senatori piuttosto potenti, Pat Toomey e Ron Wyden, rispettivamente repubblicano e democratico, hanno subito prese le difese del “movimento” crypto, imponendo una “riscrittura” del testo.
Basterà? Lo vedremo. Intanto, però, la politica americana sembra aver adocchiato le criptovalute, come fosse la sua prossima preda. Fiscale, ovviamente.