Si fa presto a dire “ibrido”. In commercio ci sono diversi tipi di motori di questo tipo, e non sono tutti l’oro colato che sembrano (e che viene raccontato). A fianco all’ibrido più tradizionale, quello di Toyota, che ha messo in commercio il primo veicolo di questo tipo nel lontano 1997 in Giappone, ci sono nuove tecnologie come il mild hybrid (l’ibrido “tenue) e il plug-in hybrid.
Il mild sembrerebbe un ottimo compromesso tra vecchio e nuovo ma in realtà la batteria al litio che contiene è piccola e viene utilizzata solo in alcuni casi. E soprattutto, il motore a combustione rimane sempre in funzione, viene al massimo “aiutato” da una leggera spinta elettrica. E a proposito di combustione, alcuni produttori di lusso tedeschi approfittano del mild per vendere veicoli a benzina e a diesel spacciandoli per green (e perché no, prendersi qualche incentivo statale). Ma sempre diesel è.
C’è poi il plug-in, ovvero l’ibrido la cui batteria dev’essere ricaricata dal proprietario. Ci si mette però una notte intera e bisogna avere una presa da almeno 3 chilowatt in garage. Se la batteria è scarica, poi, la macchina – che per via del plug-in può costare anche diecimila euro in più – non ha la trazione integrale. Non proprio un affarone, insomma. Attenzione, quindi, non è tutto ibrido quel che luccica.