È entrato in funzione il primo luglio ma già traballa incerto, tra ritardi e problemi tecnici. Il “Green Pass” europeo era nato per risolvere il problema degli spostamenti e delle vacanze estive: un passaporto d’immunità con cui muoversi tra i Paesi dell’Unione europea.
Le Regioni e la piattaforma nazionale per il green pass
Il tutto è però più facile a dirsi che a farsi. Lo “EU Digital COVID Certificate”, vero nome del Green Pass, si basa su una infrastruttura nazionale costruita per l’occasione, e collegata a quella europea. È su questa che le varie Regioni devono caricare i dati riguardanti le richieste, i tamponi e i certificati di guarigione, per poi poter emettere il documento. Purtroppo però le cose non stanno andando proprio lisce.
Perché questo lavoro di data entry dev’essere certosino, e invece, come ha spiegato l’esperto Massimo Mangia, molti dei dati inseriti sono stati errati e parziali. In più ci sono stati problemi con i software utilizzati in alcuni regioni, che dovevano essere ancora aggiornati per poter comunicare con il nuovo sistema. Ad esempio, senza questo aggiornamento, i certificati di guarigione e dei tamponi non avevano i campi necessari per il Green Pass.
Green pass: dati sbagliati, ritardi, aggiornamenti mancati
Questo tipo di piattaforma è, a detta di molti, la più tecnologicamente avanzata mai usata in Italia. E il nostro Paese, possiamo dire, non si è dimostrato pronto. Perché basta un dettaglio a bloccare la richiesta di un cittadino, come un errore nel riportarne le informazioni. “La solita sanità pubblica…” sospirerà qualcuno. E invece no. Gandolfo Miserendino, responsabile Ict della Regione Emilia Romagna, punta il dito sulle strutture private, accusate di fare troppi errori nel data entry. Il pubblico in questo caso sarebbe “innocente” perché usa sempre lo scanner per inserire dati, come quelli del codice fiscale.
Ma come funziona la trafila che porta al Green Pass? Proviamo a riassumerla: all’inizio c’è l’input di chi si è vaccinato, tamponato o ha un certificato di guarigione. Questo viene poi integrato via API (Application Programming Interface, programma con cui mettere in collegamento software diversi) ai sistemi regionali, che lo spediscono alla Tessera Sanitaria. Da qui, finalmente, ecco che si arriva alla SOGEI (Società Generale d’Informatica S.p.A.): a questo punto il cittadino può richiedere il documento.
Le differenze sanitarie tra regioni influenzano anche il green pass
La conseguenza principale di questi intoppi è che la marea di errori umani si fanno sentire di più proprio nelle Regioni dalla sanità meno efficiente. Insomma, la piattaforma “funziona” a livello europeo: gli errori sono localizzabili e facilmente spiegabili con casi di dimenticanza e impreparatezza.
Per fortuna è comunque possibile viaggiare in Europa usando i certificati di vaccino, guarigione o tampone, almeno fino al 12 agosto.
Dopo quella data, sarà meglio avere il Green Pass. Se ce lo fanno scaricare, ovviamente.