Tra gli effetti della massiccia urbanizzazione in tutto il mondo c’è la distruzione di molti habitat naturali e la perdita della biodiversità. Così almeno si è visto finora. Ma molte specie animali stanno rivelando una grande resilienza, dimostrando incredibili capacità d’adattamento urbano. “Aiutati che il ciel t’aiuta”, funziona anche per loro, insomma. E con un piccolo sostegno da parte dell’uomo, in città potrebbero trovarsi pure meglio e altre potrebbero seguire questo esempio.
L’adattamento urbano della fauna
Un fenomeno che sta emergendo in tutto il mondo, come racconta il Guardian. Per esempio, nella baia di Sapzurro, al confine tra Colombia e Panama, il granchio terrestre blu, una specie qui considerata in pericolo (in altre zone è invece invasiva), si è adattato alle aree urbanizzate. Nonostante la perdita delle foreste di mangrovie, questo animale si è stabilito nei pascoli, nelle piantagioni di banane e di cocco e sotto le strutture di cemento, dimostrando come alcune specie selvatiche possano prosperare negli ambienti urbani modificati dall’uomo.
Quali animali si trovano in città
La fauna urbana non solo sopravvive, ma in alcuni casi prospera meglio che in natura. Ad esempio, a Santo Domingo i pappagalli ispaniolani minacciati si trovano nei parchi urbani, mentre in Nord America le civette delle tane, così chiamate perché hanno l’abitudine di nidificare all’interno di tane e cunicoli scavati da altri animali, hanno trovato rifugio in varie città. Anche specie marine, come il pesce sega dai denti piccoli, prosperano nelle acque costiere urbanizzate della Florida meridionale, mentre gli opossum dalla coda ad anelli trovano rifugio nei giardini residenziali in Australia. Sempre in questo continente tre diverse specie di cacatua in via di estinzione si sono adattate a sgranocchiare sui rami dei pini urbani, mentre a Londra i falchi pellegrini hanno trovato nei grattacieli delle accoglienti imitazioni di alberi ad alto fusto. E che dire degli impollinatori, come le api autoctone, più abbondanti e diversificati in città rispetto alle aree rurali, anche in Europa? “Questi ultimi sono un ottimo esempio”, afferma al Guardian Robert Francis, professore di ecologia urbana e società al King’s College di Londra. “Nelle città la stagione di crescita delle piante è prolungata nelle città, quindi ci sono più fonti di sussistenza per un periodo più lungo”.
Gli spazi urbani come rifugio
Insomma, le città, con la loro varietà di habitat, offrono risorse abbondanti e rifugi sicuri per molte specie. E così nel mondo sono in corso iniziative per rendere gli spazi urbani più accoglienti per la fauna selvatica, grazie a nidi per uccelli, hotel per api e stagni per rane e anche alla coltivazione di piante più adatte nei giardini privati. Per esempio, in Brasile sono stati costruiti ponti aerei per evitare il rischio di folgorazione per le scimmie. Nel Regno Unito, invece, sono sempre più diffusi gli “swift bricks”, ovvero mattoni che offrono ai volatili, come i rondoni, la possibilità di nidificare al loro interno, mentre i tetti delle fermate degli autobus sono stati trasformati in piccole oasi verdi per le api.
Verso un nuovo modello di città?
Questi risultati ribaltano l’idea, a lungo sostenuta, che le aree metropolitane non possano essere aree accoglienti per animali e piante e che la conservazione delle specie vada fatta lontano, in luoghi incontaminati. L’idea di molti biologi e scienziati, quindi, è quella che si possa e si debba “sfocare il confine” tra urbano e naturale, integrando spazi verdi e infrastrutture rispettose della biodiversità nelle città. Una tesi che sicuramente farà discutere, perché d’altro canto la paura di molti è che queste specie possano diventare invasive e minacciare la tranquillità dell’uomo. Una convivenza, insomma, da valutare con attenzione.
*Nella foto in alto un gruppo di capibara, mammiferi semiacquatici presenti in quasi tutti i paesi del Sud America