Ormai dieci giorni fa TikTok è stato invaso da video che inizialmente mostravano giovani felici ballare al suono di musica elettronica nel deserto durante il Nova Music Festival, celebrato nei pressi del Kibbutz di Reim per la festa ebraica del Sukkot. Poi le immagini hanno improvvisamente catturato un’incursione dei miliziani di Hamas e la situazione è precipitata in un attacco che ha subito richiamato alla mente quello al Bataclan di Parigi. E’ iniziato così un vortice di video che hanno mostrato questa situazione drammatica, così come l’intero conflitto ora in corso, da prospettive diverse: testate giornalistiche ufficiali, reporter sul campo, soldati in guerra, civili, commentatori e influencer da ogni parte del mondo.
Generazione Z: l’informazione corre su TikTok
Immagini e notizie dai social sono ormai la principale fonte di informazione della Generazione Z, in particolare TikTok. In poco tempo l’hashtag #Palestine ha superato i 33 miliardi di visualizzazioni, #Israel i 30 miliardi. Nel calderone, come accaduto già con l’Ucraina, è finita anche tanta disinformazione, dai messaggi costruiti dalla propaganda ai video totalmente fake, che arrivano da eventi lontani nel tempo e nei luoghi, oppure presi da videogiochi o dalle serie tv.
Veri o falsi, molti di questi video che hanno inondato i feed, caricati da utenti vari, mostrano una violenza esplicita e terrificante, motivo per cui un gruppo di scuole ebraiche ha suggerito ai genitori di eliminare X, TikTok, Instagram e altre app dai telefoni dei loro figli. Anche le testate giornalistiche possono presentare scene di violenza, ma questi profili in genere avvertono prima lo spettatore web, in modo che possa decidere se proseguire o no con la visione. Non si tratta solo di sensibilità da rispettare, ma anche di possibilità di scelta all’interno di un sistema guidato da un algoritmo non neutrale, che può determinare quello che vediamo ed influenzare così le nostre opinioni, spesso privilegiando le fake news perché più “cliccabili”.
Guerra tra Israele e Hamas sui social: impostazioni
Come utilizzare allora i social per informarsi sulla guerra tra Israele e Hamas, scegliendo le immagini che si vogliono visualizzare e le persone che si vogliono seguire? Nel primo caso si possono modificare le impostazioni delle varie piattaforme, come spiega il Wall Street Journal, a partire da X (ex Twitter), che ha già dovuto affrontare accese critiche per le sue politiche permissive sui contenuti, che hanno portato alla proliferazione di filmati video erroneamente identificati, informazioni inventate e contenuti violenti o incitanti all’odio. Per accedere al controllo dei contenuti si deve utilizzare la versione web desktop dal proprio computer, quindi fare clic su Altro > Impostazioni e supporto > Impostazioni e privacy > Privacy e sicurezza > Contenuto visualizzato: a questo punto si deseleziona la casella “Visualizza contenuti multimediali che potrebbero contenere contenuti sensibili”. Quando tali contenuti compariranno in bacheca, appariranno oscurati, a meno che non si decida di visualizzarli.
TikTok utilizza già schermate ed etichette di avviso per impedire agli utenti di visualizzare inaspettatamente contenuti ritenuti comunque di interesse pubblico (e quindi non rimossi). chi vuole, può comunque attivare la modalità con restrizioni, che abilita solo contenuti adatti a tutti i segmenti di pubblico. Dopo essere entrati sul proprio profilo, bisognare toccare le linee orizzontali in alto a destra: Impostazioni e privacy > Preferenze contenuti > Modalità con restrizioni. Bisogna impostare un passcode, da utilizzare per accenderlo e spegnerlo.
Su Instagram gli utenti possono regolare la quantità di contenuti sensibili che desiderano vedere: anche in questo caso dal profilo bisogna schiacciare sulle tre linee orizzontali in alto a destra, poi Impostazioni e privacy > Contenuti suggeriti > Contenuti sensibili, quindi selezionare Meno. Gli utenti potrebbero comunque visualizzare contenuti sensibili se pubblicati da un account che seguono. Inoltre, questa restrizione non si applica ai post che hanno già un avviso di visibilità: questi appaiono con immagini sfocate quando emergono, consentendo agli utenti di decidere se desiderano visualizzarli.
Facebook, infine, consente di gestire i contenuti, inclusi post sensibili o informazioni ritenute false dai fact-checker, accedendo a Impostazioni e Privacy > Preferenze > Feed notizie > Riduci oppure > Riduci di più per non vedere affatto questo tipo di contenuti. Sempre da Preferenze > Media si può ordinare di non riprodurre mai automaticamente i video.
Guerra tra Israele e Hamas sui social: account da seguire
Oltre a selezionare i contenuti da visualizzare, si possono scegliere alcuni account in particolare da seguire per tenersi aggiornati sul conflitto in corso. Ecco un elenco di profili di giornalisti attivi sui vari social, compreso Threads.
Elia Milani, giornalista italiano corrispondente in Medio Oriente per Mediaset
Plestia Alaqad, giornalista 22enne, che condivide video dalla sua casa a Gaza
Amy Spiro, giornalista per The Times of Israel
Linda Dayan, reporter di base a Tel Aviv per il giornale israeliano Haaretz
Mark MacKinnon, corrispondente internazionale senior per The Globe
Emily Rose, corrispondente Reuters da Gerusalemme
Bethan McKernan, corrispondente da Gerusalemme per The Guardian
Jessica Yellin, autrice della newsletter News Not Noise