Chi si rivede, ICE, l’Istituto per il Commercio Estero. A poco più di un decennio di distanza dagli scandali che portarono al suo (temporaneo) scioglimento, ecco che l’ente è, a quanto pare, tornato. Tornato a spendere, vogliamo dire. È di qualche giorno fa l’annuncio dell’apertura del primo Centro nazionale di Innovazione e Cultura italiana all’estero, voluto dalla Farnesina in collaborazione con l’Agenzia.
ICE: un hub carissimo
L’Hub non ha aperto in un posto qualsiasi ovviamente ma nel cuore della Silicon Valley, a San Francisco, precisamente nel quartiere italo-americano (ma gentrificato) di North Beach. “Si tratta di un progetto fortemente innovativo e ambizioso, voluto dalla Farnesina a sostegno delle nostre imprese, delle start-up, dei centri di ricerca e universitari e degli enti locali”, ha spiegato il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. “Uno spazio unico, moderno e flessibile, dove far incontrare il meglio del nostro Paese”.
Ma anche, verrebbe da dire, un investimento notevole in una delle città più care dal punto di vista immobiliare. Qui è impossibile trovare una casa “media” – normale, nulla di ché – a meno di 1,3 milioni di dollari. Il motivo? Troppe aziende dell’high tech che offrono stipendi altissimi, facendo impazzire il mercato. Questo hub è insomma la prova del fatto che l’ICE sia tornata a spendere soldi – con la collaborazione della Farnesina. Il che sembra piuttosto strano, vista la storia recente dell’Agenzia. Ripecorriamola.
Gli scandali recenti dell’ICE
Nel 2011, l’allora presidente di Confindustria Emma Marcegaglia aveva definito l’ICE “un papocchio che non aiuta”. Non era l’unica: alla fine degli annie Dieci del Duemila, l’Agenzia divenne oggetto di lamentele e sfottò da parte di imprenditori e politici. I quali si accompagnavano a scandali, inchieste e report sui suoi costi, investimenti e interessi. Una macchina statale grandissima, dispendiosa e poco trasparente, un gigante nato per aiutare le imprese italiane all’estero e finito a diventare il classico carrozzone pubblico.
A guidarlo negli “anni d’oro” c’era Umberto Vattani, già Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri e ultimo presidente dell’Istituto fino al 2011 (anno in cui si trasformò in Agenzia ICE). Una carriera notevole, quella di Vattani, che fu anche capo della diplomazia italiana all’Ue e segretario generale della Farnesina. Nel 2009 fu anche interdetto dai pubblici uffici per due anni e mezzo per una “bolletta” da 25 mila euro di telefonate fatte con il cellulare di servizio.
Quanto al figlio Mario, anch’egli con ottime cariche diplomatiche, nel 2012 fu richiamato in via definitiva dal carico di console italiano di Osaka, in Giappone, dopo che i giornali parlarono della sua collaborazione a un gruppo musicale “fascio-rock”. Insomma, scandali piccoli e grandi, tra enormi investimenti e sprechi.
Come il governo Monti salvò l’ICE
A un certo punto, la misura fu colma e, nell’agosto del 2011, l’ente fu sorpreso dal governo Berlusconi, per poi risorgere con il decreto Salva Italia del governo Monti. Alla faccia dell’austerity! Il nuovo ICE fu “dimagrito” e depotenziato, almeno a parole, e oggi è presieduto da Carlo Ferro, già Vice Presidente di Assolombarda e con precedenti nella Commissione Europea.
Ed è proprio il sua ICE a essere tornato a spendere. Speriamo che questa volta vada meglio di dodici anni fa. Di sicuro un investimento faraonico nella carissima San Francisco fa tremare i polsi di chi si ricorda la cronaca degli ultimi quindici anni.