Perché leggere questo articolo? Il nuovo ChatGPT parla più di 50 lingue, è omnisciente ed è in grado di tenere lezioni e conversazioni su qualsiasi argomento. Ma soprattutto è empatico e brillante nelle conversazioni. Insomma, l’AI potrebbe presto sostituire anche gli insegnanti?
Cari professori, presto dovrete stare attenti a tenervi stretta la cattedra. Sta per sbarcare il nuovo ChatGPT-4o nelle case e nelle aule, non più soltanto fonte inesauribile di informazioni da cui attingere (e copiare). L’ultima frontiera di Open AI è in grado di intrattenere una conversazione su qualsiasi argomento, o addirittura di spiegare un’intera lezione, data la sua capacità di esporre con chiarezza e precisione complessi quesiti matematici, ad esempio. Oltre a saper tradurre simultaneamente più di 50 lingue, assistere nell’attività di programmazione di software e molto altro. Il tutto condito dalla possibilità del dispositivo di variare tono di voce in modo estremamente autentico e di interpretare le emozioni provate dai suoi interlocutori. Rendendolo così straordinariamente e paurosamente umano.
La presentazione del nuovo ChatGPT 4-o
La dimostrazione è giunta dalla diretta streaming con cui OpenAI ha presentato su Youtube la versione aggiornata della propria creatura. Un video impressionante per la naturalezza con cui ChatGPT si intrattiene con gli altri ospiti. Simpatica, brillante, empatica. E straordinariamente intelligente. Messa alla prova dapprima con una semplicissima equazione e poi con ben più complessi modelli di analisi meteorologiche. ChatGPT 4-o ha dato il suo meglio proprio prendendo metaforicamente per mano il suo interlocutore umano che fingeva di non riuscire a risolvere il semplice problema posto.
E qui arriviamo ad una considerazione, che si potrebbe considerare provocatoria. O forse solo realistica. L’AI, che già minaccia di rendere superate innumerevoli categorie professionali tra le quali giornalisti, pubblicitari e recruiter, adesso rischia di rendere obsoleta persino la scuola e gli insegnanti? Uno scenario che sembra diventare sempre più plausibile. Probabilmente il primo a cadere sarà il business delle ripetizioni, rimpiazzato da un tutor onniscienti. Ma anche per i docenti di ruolo sembra essersi affacciato un temibilissimo competitor. Se oggi i professori sono ancora alle prese con il precariato e le infinite attese delle graduatorie, un domani a causa della concorrenza della tecnologia, gli standard che dovranno raggiungere per distinguersi saranno molto più elevati.
L’AI arma a doppio taglio: stop ChatGPT nelle scuole
Il confine tra uomo e tecnologia sembra sfumare, mentre i film e romanzi distopici su un mondo dominato da robot diventano realtà sempre più tangibili. Con un impatto previsto sul lavoro pari al 60%, l’efficienza dell’AI minaccia molte occupazioni, che rischiano di diventare obsolete se non inutili. Bye bye customer service. Anche i pubblicitari e gli head hunter in carne ed ossa potrebbero non servire più, già in parte sostituiti da un’Intelligenza artificiale capace sia di produrre contenuti in modo automatizzato, sia di selezionare il personale.
L’AI rivoluzionerà i processi di acquisizione di dati e informazioni, rendendoli più veloci, efficienti e immediatamente accessibili. La massima resa, col minimo sforzo possibile dunque. Ma se l’ottimizzazione della conoscenza per molti settori sarà una chiave di volta positiva, nel campo dell’istruzione spaventa non poco. Si teme infatti che l’intelligenza artificiale possa avere conseguenze negative sull’apprendimento: gli studenti potrebbero perdere la capacità di studio e di rielaborazione personale, cedendo completamente a strumenti come ChatGPT. Per questo motivo, molte scuole e università americane e australiane ne hanno già vietato l’uso.
Gli italiani non sono pronti all’AI
Secondo il report di YouTrend e Fondazione Pensiero Solido, il 61% degli italiani non si ritiene preparato all’impatto pervasivo dell’AI nelle proprie vite. Oggi si sente continuamente parlare di Intelligenza artificiale, ma per molti rimane un mistero. I più favorevoli a questa rivoluzione tecnologica sembrerebbero essere gli under 35, in molti ad aver già dimestichezza nell’uso e nella conoscenza di Chat Gpt e altri tipi di AI come Microsoft Copilot e Gemini.
Dal punto di vista lavorativo, invece, cresce la percentuale di chi si dice consapevole che l’AI porterà a una perdita di posti di lavoro. Le donne e i neolaureati sarebbero le categorie più esposte, ma anche quelle più in grado di beneficiarne. L’impatto dell’Intelligenza artificiale sulla sfera occupazionale non è infatti solo negativo. Può stimolare la domanda e l’offerta di nuovi prodotti e servizi, e di conseguenza richiedere la presenza di nuove competenze e professioni.
Tra le diverse percezioni, una cosa però è certa: l’AI da sola non basta, il fattore umano è ancora imprescindibile. Se non adeguatamente controllata e regolamentata, infatti, l’Intelligenza artificiale potrebbe portare ad una riduzione della qualità e della sicurezza sul lavoro, creare disuguaglianze e violare la privacy e i diritti di proprietà intellettuale. I benefici potranno esserci soltanto se l’AI sarà messa al servizio delle società e delle economie, senza abbandonarsi completamente ad essa.