L’era elettrica comporta un’enorme richiesta di metalli rari, che non potrà che aumentare. Non è detto che la Terra possa sostenere questa nuova età dell’oro, e a quale prezzo. Anche per questo, sta aumentando il numero di aziende interessate allo sfruttamento minerario dei fondali oceanici. A grandi profondità, infatti, il mare è caratterizzato da noduli polimetallici, sedimenti grandi “quanto una pallina da golf o un pompelmo”, secondo l’Atlantic, e che possono essere recuperati facilmente, strappandoli dal terreno. Questi noduli sono ricchi di argento e oro ma anche rame, manganese, nickel e cobalto, appunto.
Una rivoluzione destinata a cambiare per sempre il nostro rapporto con il mare, da un lato rendendo il settore del cobalto meno dipendente dal dramma della Repubblica del Congo, dall’altro porgendo nuovi rischi all’habitat marino – anche a grandi profondità. Forse è per questo che c’è chi guarda oltre il mare e gli oceani, oltre il nostro pianeta, verso gli asteroidi, enormi rocce vaganti per lo spazio cariche di elementi preziosi, dal platino al cobalto. E anche se c’è qualche avveniristica startup che si dice disposta a provare a “minare” questi corpi celesti, l’estrazione sugli asteroidi rimane un’impresa troppo ardua e costosa. Almeno per ora.
(Foto: Deep Space Industries)