“Ho solo due mani, come faccio?”. Quante volte lo abbiamo pensato, mentre eravamo indaffarati a fare varie cose contemporaneamente? Grazie alla tecnologia il sogno di avere un terzo arto potrebbe in futuro diventare realtà, ma intanto si comincia dai piccoli passi: un dito in più. Si chiama “Third Thumb”, ovvero “terzo pollice”, ed è appunto un pollice prostetico controllabile che un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge ha testato su un vasto campione di persone, dimostrando che è possibile imparare rapidamente a usarlo per afferrare e manipolare oggetti. Lo studio è importante soprattutto per garantire che le nuove tecnologie siano inclusive e che tutti possano davvero beneficiarne.
Come funziona il “terzo pollice”?
Tecnologia accessibile a tutti
Una delle principali sfide tech attuali è quella di aumentare le nostre capacità di movimento e di percezione dello spazio. In futuro dispositivi indossabili motorizzati, come esoscheletri o parti robotiche extra, potranno migliorare le nostre abilità motorie oltre i limiti biologici, offrendo innanzitutto nuove possibilità a persone con disabilità e, più in generale, aumentando la qualità della vita di tutti. “La tecnologia sta cambiando la nostra stessa definizione di cosa significhi essere umani, con le macchine che diventano sempre più parte della nostra quotidianità, e persino delle nostre menti e dei nostri corpi”, ha spiegato Tamar Makin del Medical Research Council Cognition and Brain Sciences Unit dell’Università di Cambridge. “Per garantire che tutti abbiano l’opportunità di beneficiare di questi entusiasmanti progressi, dobbiamo misurarne l’inclusività durante le primissime fasi del processo di ricerca e sviluppo”.
A sviluppare il Third Thumb è stata Dani Clode, sua collaboratrice di laboratorio, che ha ideato questo pollice robotico per aumentare la gamma di movimenti della mano, migliorandone la capacità di presa e la resistenza ai carichi. In questo modo si possono svolgere compiti complessi che normalmente richiedono l’impegno di entrambe le mani oppure l’aiuto di altre persone.
Come funziona il terzo pollice?
Il terzo pollice si indossa sul lato opposto del palmo rispetto al pollice biologico ed è controllato da un sensore di pressione posizionato sotto gli alluci o comunque sotto i piedi. La pressione esercitata dal dito del piede destro tira il pollice attraverso la mano, mentre la pressione esercitata con la punta del piede sinistro allunga il pollice verso le dita. L’entità del movimento del pollice è proporzionale alla pressione applicata e il rilascio della pressione lo riporta alla sua posizione originale.
Nel 2022 il team ha testato il Third Thumb alla Royal Society Summer Science Exhibition, coinvolgendo 596 persone di età compresa tra 3 e 96 anni, e i risultati sono stati pubblicati nei giorni scorsi da Science Robotics. Solo quattro partecipanti non sono riusciti a usare il terzo pollice, a causa di problemi di adattamento o di controllo dei sensori con i piedi, ma in generale questa protesi tech si è rivelata molto facile da utilizzare.
I partecipanti avevano fino a un minuto per familiarizzare con il dispositivo e completare poi uno di questi due compiti: spostare pioli da una tavola a un cestino o manipolare e spostare oggetti di schiuma. Quasi tutti sono riusciti a usare il dispositivo immediatamente, con il 98% delle persone che è riuscito a manipolare oggetti con successo già nel primo minuto.
Non ci sono state differenze significative tra i sessi o tra destrimani e mancini. Tuttavia, le prestazioni sono diminuite con l’aumentare dell’età, probabilmente a causa del deterioramento delle capacità sensomotorie e cognitive. Anche i bambini più piccoli hanno avuto maggiori difficoltà, con sei dei tredici partecipanti sotto i dieci anni che non sono riusciti a completare il compito.
La tecnologia come estensione del corpo
“Pensiamo a un nuovo rapporto con la tecnologia, che vada oltre l’essere un semplice strumento per diventare un’estensione del corpo stesso”, ha dichiarato Dani Clode. “Considerata la diversità dei nostri corpi, è quindi fondamentale che la fase di progettazione della tecnologia indossabile sia quanto più inclusiva possibile”.
“Se si vuole che l’aumento delle capacità motorie tramite tecnologia, e più in generale le interazioni uomo-macchina, abbiano successo, i device dovranno integrarsi perfettamente con le capacità fisiche e cognitive dell’utente”, ha aggiunto la collega Lucy Dowdall, anch’essa della MRC Cognition and Brain Science Unit. “Dovremo tenere conto di diversi fattori: età, sesso, peso, stile di vita, disabilità, nonché background culturale e finanziario delle persone e persino preferenze o antipatie per la tecnologia. I test fisici su gruppi ampi e diversi di individui sono essenziali per raggiungere questo obiettivo”.