Si approssima la fine dell’anno e, inevitabilmente, è tempo di confronti in Borsa: quanto sono saliti e scesi i vari titoli nel 2021? Di sicuro a spiccare c’è ancora Moncler, la cui crescita, al di là di eventuali oscillazioni periodiche, prosegue inarrestabile. Una corsa che va avanti ormai da anni e che si contrappone, per esempio, a un colosso tech come Telecom Italia.
Moda batte tech: perché Moncler vale più di Telecom
Per fare il confronto, diamo uno sguardo alla quotazione in euro della griffe dei piumini di alta gamma e al suo andamento negli ultimi 5 anni. Nel novembre 2021 ha toccato quota 69 euro (martedì 16), un anno fa era a 41. Nello stesso periodo del 2019 il valore era di circa 36 euro, nel 2018 29, nel 2016 15. La capitalizzazione attuale è 17.453.162.042, l’ultimo a dividendo 0,45 (24/05/2021). Complessivamente Moncler mette a segno una performance di +29,48% ytd (year to date) e +58,16% sull’anno.
Sull’altro fronte Telecom Italia ha una capitalizzazione pari a 7.448.587.770 euro e l’ultimo dividendo è stato di 0,01 euro (21/06/2021). La performance ytd è di +25,23%, quella annuale +17,80%. Guardando al passato, nel novembre 2016 la quotazione era di circa 0,70 euro e tale era anche un anno dopo. Nel novembre 2018 il valore è sceso intorno a 0,5 euro, rimanendo fermo anche nel 2019. Nel novembre 2020 è sceso ulteriormente a 0,4, valore intorno a cui oscilla anche nel novembre 2021 (0,47 lunedì 29).
Moncler regina di Borsa
Insomma già nel luglio 2018 i giornali titolavano “Moncler regina di Borsa: vale più di Tim e Poste” (Firstonline, 3 luglio 2018). La griffe era in quel momento arrivata a toccare i 10 miliardi di euro di capitalizzazione, un valore allora (e tuttora) superiore a quello di gruppi come Tim, Poste Italiane e Terna. Le ultime due aziende attualmente hanno infatti una capitalizzazione rispettivamente di 14.712.414.873 e 13.072.786.969 euro.
Moncler un marchio forte
Qual è la ragione del successo? Moncler è sicuramente un marchio forte, come emerge dalla fotografia del settore moda scattata da Brand finance luxury & premium 50 nel 2021, l’annuale classifica della società di consulenza e analisi finanziarie Brand Finance. La pandemia ha condizionato le performance dei 30 principali marchi italiani e francesi della fascia premium e lusso, che mediamente perdono il 7% (10 miliardi di dollari), ma i brand forti tengono duro, perché le flessioni sono causate dalle riduzioni delle vendite durante l’emergenza sanitaria, non da una perdita di smalto e attrattività dei brand agli occhi dei consumatori.
In particolare, Brand Finance ha valutato i marchi in base a fattori come investimento di marketing, familiarità del cliente, soddisfazione e reputazione aziendale. Dopo Ferrari e Rolex, al terzo posto c’è Moncler, con un brand strength index score di 87,4 su 100, in crescita del 2% sul 2020 e uno strenght rating AAA.
Il “segreto” dei piumini di lusso
L’azienda guidata dall’a.d. e direttore artistico Remo Ruffini, che secondo Forbes nel 2021 è tra i 900 uomini più ricchi del mondo con un patrimonio stimato di 4 miliardi di dollari, è specializzata in creazione, produzione e vendita di piumini di lusso ma propone anche altri tipi di abiti invernali come cappotti, polo e maglioni, scarpe, borse ed accessori come cappelli, cuffie, guanti, sciarpe e colli.
Secondo l’analisi di Strategia-Borsa Moncler può contare sul capitale rappresentato dalla propria identità di marca e dalla sua lunga esperienza: l’azienda è stata fondata nel 1952 a Monestier-de-Clermont, località sciistica vicino a Grenoble, Francia da René Ramillon, artigiano di attrezzature da montagna francese, e André Vincent.
Il gruppo oggi continua a soddisfare le esigenze di un marchio di lusso su un mercato considerato di nicchia, sforzandosi di attirare una nuova generazione di consumatori con linee più giovani, che garantiscono però una certa continuità all’azienda. Restano intramontabili nell’immaginario collettivo i Paninari con il Moncler negli Anni Ottanta.
Le minacce principali a cui far fronte sono legate all’eccessiva somiglianza delle offerte della concorrenza, che commercializza i propri prodotti a prezzi più abbordabili, così come l’aumento delle contraffazioni, che comportano delle perdite colossali, e la più generalizzata perdita di dinamismo del mercato.