Una innovativa pelle artificiale sensorizzata, che rende i robot sempre più sensibili e “amici” dell’uomo, è stata sviluppata dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia, le Università Campus Bio-Medico di Roma e Ca’ Foscari Venezia, e con il centro di competenza ARTES 4.0. Lo studio, che ha visto coinvolto anche Eduardo Palermo del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale dell’Università La Sapienza, è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Nature Machine Intelligence. L’idea alla base è stata quella di dotare gli androidi di sensori tattili di nuova generazione in fibra ottica, capaci di localizzare e rilevare l’intensità della forza di contatto, come fanno i recettori della pelle umana chiamati ‘corpuscoli di Ruffini’. L’obiettivo? Migliorare l’interazione dei robot con le persone, rendendo la macchina capace di adattare il suo comportamento all’ambiente circostante.
I robot tra pelle artificiale e cervello sempre più evoluto
Un ulteriore passo avanti nel quadro della cosiddetta robotica collaborativa e permetterà ai robot di interagire con le persone assistendole nel modo più sicuro nei compiti quotidiani, dalla chirurgia all’assistenza personale all’industria 4.0. Gli automi stanno diventando sempre più sofisticati, come dimostrano i numerosi studi condotti per spiegare a una macchina a ragionare come un uomo. Missione impossibile? No. Ci hanno pensato i ricercatori dell’Università di Tokyo, che hanno insegnato ad un piccolo robot ad attraversare un labirinto, collegandolo a una rete di neuroni coltivati in provetta, stimolati elettricamente, nel tentativo di imitare un vero cervello.
LEGGI ANCHE: Un cervello vero per i robot: così imparano a pensare come noi umani
Tutte queste ricerche si inseriscono nel quadro della cosiddetta robotica collaborativa, che permetterà ai robot di interagire con le persone assistendole nel modo più sicuro nei compiti quotidiani, dalla chirurgia all’assistenza personale all’industria 4.0: in questo caso il robot potrà diventare un “collega” del lavoratore, di cui allevierà i compiti e la fatica fisica, contribuendo a ridurre l’incidenza degli infortuni.
LEGGI ANCHE: Mi presento: sono Optimus, il robot umanoide di Elon Musk
Numerose sono le startup che studiano come la tecnologia può aiutare a raggiungere questo obiettivo. Come Komete, che con il progetto “Smart Factory made easy” ha ideato software ad hoc per ridurre l’interazione fra gli addetti e gli impianti di lavorazione, minimizzando così gli incidenti sul lavoro. Oppure la startup TTop, che nell’ambito del progetto ElastoBrain sviluppa tute intelligenti con sensori che ricevono messaggi di allerta dai macchinari industriali: se la macchina ravvisa un pericolo per l’operatore, quest’ultimo viene avvisato con vibrazioni agli arti. Insomma, in futuro avremo un robot per amico e collega?
Foto in alto: cottonbro da Pexels